Di Francesco Capalbo
“Le immagini di Mario Carbone narrano storie ancestrali, dove il tempo appare cristallizzato. Storie con cui l’autore ha una certa familiarità, essendo nato in un paesino della provincia di Cosenza”.
E’ Manuela De Leonardis a scrivere queste parole sul Manifesto del 20 Giugno 2006, per recensire la mostra “Paralleli (India-Italia degli anni sessanta)” del fotografo e documentarista calabrese amico di Carlo Levi, Vasco Pratolini e di Cesare Zavattini.
Mario Carbone è infatti nato nel ventre di San Sosti, luogo di confluenza di un dedalo di viuzze, in via Regina Margherita.
La passione per la fotografia lo folgora all’età di tredici anni, dopo la morte del padre, guardia forestale, avvenuta in Sicilia.
La madre decide di ritornare in Calabria ed uno zio a Cosenza gli offre la possibilità di lavorare come ragazzo di bottega nel suo studio fotografico, realizzando foto tessere e ritratti di sposi.
A venti anni decide di emigrare a Milano e lavora da Elio Luxardo il più accreditato studio fotografico della città.
Nel 1955 è a Roma dove ha “la fortuna di capire che il fulcro della città è Piazza del Popolo”. E’ qui che incontra amici quali Aldo Torchiaro (allievo di Guttuso), Mimmo Rotella, Mario Schifano, Tano Festa e Franco Angeli, con il quale divide lo studio.
Con una punta di autoironia ammette che “andavano a mangiare al ristorante dei fratelli Manghi, famoso per aver nutrito gratis artisti senza soldi”.
Mira a fare del cinema e per quarant’anni svolge l’attività di documentarista.
Sceglie questa forma espressiva “perchè nel cinema non si è mai soli, ma si è legati a molte persone e combinazioni,il regista deve saper comandare, essere un capitano! C’è una intera troupe”. Tutto questo lo spaventa e poi non gli piace imporre le sue idee, perchè è di carattere timido, riservato, indipendente. Sceglie, quindi, di occuparsi solo del documentario, dove può gestire sia la fotografia che il montaggio, mentre il testo viene fatto da un consulente o da un autore.
Tutto ciò che gli suggerisce qualcosa d’interessante da documentare, lui lo fotografa o lo riprende.
Si considera un fotografo con la macchina da presa.
E’ orgoglioso di reputarsi un cronista cinematografico, che non ha mai usato il doll, la staffa, l’elicottero; lui stava nei fatti e rischiava per riprenderli.
Nel 1959 vince il Nastro d’Argento per la migliore fotografia ne”I vecchi” di Raffaele Andreassi.
Nel 1960 è chiamato da Carlo Levi che gli chiede di documentare i luoghi del suo confino.
E’ lui stesso a descrivere questa esperienza:” Conoscevo Carlo Levi già da molto tempo, un giorno mi telefonò e mi disse se potevo seguirlo in un viaggio in Lucania con la macchina fotografica. Aveva avuto l’incarico di rappresentare la manifestazione “Italia 61” organizzata da Mario Soldati per la città di Torino.
Levi pensò di dipingere un grande pannello con le persone e i siti della Lucania e mi telefonò poiché conosceva i miei lavori. Nel grande pannello “Italia 61″ si riconoscono molte delle mie fotografie”.
In questa occasione Carbone segue Levi come un ombra, anche se è un’impresa difficile”perché lui si metteva a parlare con chiunque”.
Scatta quattrocento fotografie; alcune sono immortalate nel libro”Viaggio in Lucania con Levi”, Edistampa Edizioni Lerici,1980.
Nel 1962 è in Sardegna per una inchiesta con Libero Bizzarri e lo scrittore Giuseppe Dessì.
Porta sempre con sé la macchina fotografica; per questo si ritrova oggi un archivio fotografico molto ricco e vasto.
Nel 1963 Cesare Zavattini lo vuole, con altri 14 autori, ne “I Misteri di Roma” in qualità di operatore e regista.
Nel 1964 vince il Nastro d’Argento quale regista di una inchiesta sulla nobiltà calabrese dal titolo: “Stemmati di Calabria”.
Sempre nel 1964 è in India. Con Giuseppe Ferrara realizza due filmati commissionati dall’Eni (Ente Nazionale Idrocarburi). Scatta fotografie in luoghi non ancora colonizzati da Benetton, Fila, Adidas, Mac Donald e Pizza Hut.
Ritrae scene di vita quotidiana a Calcutta, Bombay, Madras, New Delhi e nel Bengala ma anche in villaggi sperduti.
Alcune di queste foto, che ricordano gli scatti di Cartier-Bresson, sono state esposte nella mostra “Paralleli” organizzata nella Galleria Sala 1 di Piazza Porta di San Giovanni, dal 30 maggio al 24 giugno 2006.
Di questa esperienza ricorda come quella terra lo avesse messo “di fronte ad una realtà completamente nuova e che nello stesso tempo fu facile da fotografare. L’India è uno di quei pochi posti nei quali basta che scatti e fai delle bellissime fotografie. Era un teatro di posa meraviglioso!”
Con ” Firenze, novembre 1966″ Carbone vince il Leone d’argento alla Biennale di Venezia del 1967. E’ un documentario con il quale registra la drammaticità dell’alluvione. La critica rileva come la forza che si sprigiona dalle immagini della realtà, risieda “nella povertà quasi programmatica” dei mezzi dispiegati. I testi sono di Vasco Pratolini.
Nel 1967 realizza un documentario sul terremoto in Sicilia; in questo caso il testo è di Carlo Levi.
“Alla fine dell’arcobaleno” del 1968 evidenzia la “capacità evocativa di mostrare con grande poesia una colonia di malati di poliomielite, in una spiaggia del litorale laziale, in sovrapposizione con scene della guerra del Vietnam. Il confronto mostra la sofferenza affrontata con grande coraggio dai ragazzi malati e quella provocata e iniqua della guerra”.
Dal 1958 al 1970 lavora con Unitelfilm e riprende le lotte operaie in Italia e le manifestazioni dei movimenti studenteschi del 1968.
Gira immagini splendide degli scontri di Valle Giulia ma rischia di essere picchiato e di vedersi distruggere la macchina da presa.
Lo salva Bertolucci: il regista garantisce per lui con i manifestanti.
Stessa esperienza a Torino, all’inizio degli anni sessanta. Lui la racconta così: “giravo la Fabbrica parla per testimoniare la vita degli operai nella Fiat. Erano gli anni degli scioperi, degli scontri con la Polizia, delle provocazioni. Be’, una mattina durante un picchetto mi hanno inseguito pensando che fossi uno della Polizia venuto a filmare i sovversivi: ho fatto una corsa incredibile e sono riuscito ad agganciare un tram e mettermi in salvo. Me la sono vista brutta, ma ho filmato anche quella fuga”.
La moglie Elisa Magri, artista di talento, negli anni settanta dirige la storica galleria d’arte Ciak a Roma. E’ in questo ambiente che conosce pittori di successo e approfondisce il nesso tra fotografia e pittura.
Insieme alla moglie, che nel frattempo ha deciso di lasciare la Galleria, nel1975, decidono di cimentarsi in una nuova ed entusiasmante avventura: la produzione di filmati tesi a documentare la ricerca artistica contemporanea.
“Artisti allo Specchio” è la serie realizzata per la Rai con la partecipazione di autori di primo piano tra i quali Andrea Attardi, Tano Festa, Titina Maselli, Mimmo Paladino, Mario Schifano e Renzo Vespignani. Realizza ,però,solo una parte dei filmati programmati.
La economicità delle sue produzioni è, paradossalmente, anche uno dei motivi per cui molte strade gli si sono chiuse.
E’ con disappunto che sull’Unità del 30 giugno 1997 espone le sue impressioni: “Avevo un contratto con la TV per una serie di video sull’arte che documentassero i contemporanei. Ne ho realizzati 28, ce n’erano altri in programma, ma il contratto non è mai andato avanti, i miei rapporti con la Rai sono finiti li. Un dirigente mi ha spiegato come andò : mi disse che i miei lavori costavano troppo poco. Insomma, in genere i documentari costavano 100 milioni, i miei ne costavano 14. Evidentemente qualcosa non andava bene; scoprivo i giochi o i giri di qualcuno”.
Attualmente Mario Carbone vive a Calcata in provincia di Viterbo, tra le foto scattate quando non girava documentari.
Protagonisti dei suoi lavori fotografici sono “gli uomini semplici, contadini, vecchi, bambini. Sono foto che catturano momenti di vita comune, quotidiana, ripetitiva, ma che lo scatto fotografico rende irripetibile: la donna sull’asino, i contadini che alzano lo sguardo mentre stanno zappando la terra”.
Con la Calabria ha un rapporto intenso ma distante.
Nel giugno del 1992 l’Università della Calabria lo presenta alla rassegna Ricerca sull’Arcaico.
Troppo poco per uno che con orgoglio, in tutte i cataloghi, che pubblicizzano le sue mostre, ci tiene a ricordare come sia nato nel 1924, in Calabria, a San Sosti, un piccolo paese della provincia di Cosenza.
L’articolo è stato pubblicato domenica 16 settembre 2007 su il Quotidiano della Calabria
e lunedì 17 settembre 2007 su La provincia Cosentina.
P. S.
Di recente nella città di Lille, capoluogo del nord della Francia, nella sala del Conclave presso il Palazzo Rihour, si è inaugurata una mostra di Mario Carbone che aveva per tema “l’Italia rurale degli anni 60: Sardegna, Basilicata, Calabria”.
A sostenere questa iniziativa sono stati l’Unione Italiani nel Mondo, l’Istituto Italiano di Cultura, il Consolato d’Italia e il Comune di Lille e varie associazioni locali e regionali (Associazione Calabria, Association Sardaigne, l’AITAS, Le Cercle Franco-Italien di Perenchies).
Per maggiori informazioni su Mario Carbone: http://www.archiviomariocarbone.com/mostre-it.php
Francesco Capalbo