“Grazie donne. Il mondo è nelle vostre mani. Se vi sarà dato più spazio, voi lo salverete. Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna”: poche rivoluzionarie parole che sono contenute nella famosa Enciclica del Papa Giovanni Paolo II, dedicata alle donne, mediante la quale ha voluto rivalutare il ruolo della donna rendendo omaggio, poi, a tutte quelle che si sono dedicate alla cultura e all’arte, nonostante siano state messe in condizione di svantaggio. Altresì, esprime ammirazione per chi ha lottato per difendere la dignità e i diritti della donna.
Difatti, il cammino della donna verso la propria emancipazione è stato lungo, sofferto e continua ancora oggi… tanto che la discriminazione femminile resta anche in Italia!!! Sembra strano, ma è proprio così.
Si parla tanto di uguaglianza, di libertà, di difesa della donna, di parità di diritti e di status sociale, di stampa, di parola, ma purtroppo, la diversità tra l’ uomo e la donna, permane.
Tempo fa, dovendo sostenere l’esame di Storia della critica letteraria italiana, ho letto e, quindi studiato, con grande interesse e (devo dire stupore) un sensazionale articolo firmato da Federico Sanguineti, tratto dalla rivista quadrimestrale “Allegoria”, diretta dal teorico e critico italiano Romano Luperini, risalente al periodo maggio – dicembre 2005, e fortemente attuale.
Il titolo dell’articolo è: “Didattica dei conflitti” e il sottotitolo: “Contro il paradigma di una cultura omosessuata”. Sanguineti inizia il suo articolo così: <<Il tema del mio intervento è la didattica nella scuola di oggi… >> e continua analizzando la scuola italiana, innanzitutto dal punto di vista economico, sostenendo, con dati e fonti precise che il governo italiano spende decine di miliardi di euro per le caserme e per la scuola stanzia circa e soltanto 200 milioni di euro (direi quasi inverosimile). Segue la constatazione che in Italia sono circa due milioni i bambini che soffrono la fame, secondo il quinto rapporto nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza, stilato dall’Eurispes e, raccapricciante poi è la condizione disastrosa nella quale versa la cultura italiana: nel bel paese, dice T. Mauro nel suo libro “La cultura degli italiani” (Laterza, Roma- Bari 2004, p. 23.): <<più di 2 milioni di adulti sono analfabeti completi, quasi quindici milioni sono semianalfabeti, altri quindici milioni sono a rischio di ripiombare in tale condizione>>. Inoltre, Sanguineti richiama la denuncia del fallimento del sistema educativo effettuata da Jéan – Claude Michéa in un libro del 1999 (tradotto in italiano da Metauro edizioni, Pesaro 2004), intitolato “L’insegnamento dell’ignoranza”, che, appunto, si configura in uno degli aspetti della crisi della civiltà europea. Lo stesso Luperini sostiene in un suo libro, “La fine del postmoderno” (Napoli 2005, p. 24) che: “… è venuta meno una società civile per la quale la letteratura sia strumento fondamentale di educazione e di identità culturale…”
Tutto questo è allarmante perché si deve largamente considerare basilare e fondamentale il contributo che la letteratura elargisce alla società e agli uomini che la compongono. Essa permette a ciascun uomo e a ciascuna donna di intraprendere un viaggio fantastico, meraviglioso e costruttivo, in grado di arricchire e migliorare le coscienze. Ogni testo, ogni poesia, ogni prosa vive e parla ogni qualvolta vengono letti, suscitando forti emozioni e riuscendo a cogliere la sensibilità presente in ciascuno di noi e che spesso celiamo in rapporto a ciò che ci circonda.
La poesia è la più alta espressione dell’io, ma anche, come dice il Foscolo, la <<più grande delle illusioni>> perché è l’unico strumento in grado di “immortalare” e, quindi di rendere eterno ciò che non c’è più. Ogni testo, descrittivo, narrativo, storico o autobiografico, può far scaturire nell’uomo ogni sorta di sentimento, dalla gioia al pianto, dall’ammirazione alla delusione, l’odio e il dolore, la passione e l’amore. Leggere un libro, un’opera o una raccolta poetica rende l’animo nobile e buono e apre la mente portandola verso nuovi orizzonti, per un bagaglio culturale che cresce e che permette di sentirsi “vivi” anche quando la tristezza sembra occupare pienamente il nostro essere.
Essenziale è lo studio della letteratura, ma è triste dover convenire con Sanguineti quando, sempre nel suo articolo, sostiene, che la cultura diffusa oggi nelle scuole, nelle università e nei centri culturali sia esclusivamente esperienza maschile, presentata come se fosse universale e, quindi, una vera e propria didattica omosessuata. Allora mi chiedo e chiedo: <<come mai nei programmi scolastici, universitari e culturali non vengono inseriti i nomi, le vite, gli scritti e soprattutto non si ode la voce delle donne???>>. Si studiano sempre e soprattutto le vite e le opere degli uomini e si ode soprattutto la loro voce, come se l’ universo fosse materia maschile e come se le donne rappresentassero una sorta di lato oscuro di questo stesso universo: presenti ed agenti, ma invisibili. Perché non deve esistere una “normale” memorabilità delle donne italiane e, pertanto, “pari” a quella degli uomini???
Nel 2004 è stato pubblicato un dizionario bibliografico in tre volumi, dal titolo “Italiane” (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le Pari Opportunità, Italiane, dipartimento per l’informazione e l’editoria, Roma 2004, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. – Salario), che riunisce le donne di maggior rilievo nella storia d’Italia, dall’Unità ad oggi, nato per iniziativa del Ministro Stefania Prestigiacomo, che ha promosso il progetto di Eugenia Roccella e Lucetta Scaraffia di raccontare la vita e le opere delle donne celebri e meno celebri, di diverso orientamento politico e culturale, che hanno contribuito in modo determinante alla storia del nostro Paese e alla sua modernizzazione. L’opera cerca di colmare una lacuna della nostra memoria storica, richiamando l’attenzione sul ruolo che, nella crescita sociale e civile e nazionale, hanno svolto le donne. E’ un lavoro interessante, un viaggio eccezionale che ripercorre la storia delle eroine, delle patriote, delle sante, delle mamme, delle mogli che hanno plasmato e illuminato di luce eterea, rosata e abbagliante la nostra bell’Italia. La stessa Prestigiacomo alla fine della presentazione dell’opera scrive: <<…A queste donne tutte noi dobbiamo dire comunque grazie. Tutta l’Italia deve un grazie. Ed ha il dovere civile di coltivarne la memoria>>.
E allora diamo voce alle donne, diamo loro le pagine che meritano nei libri di storia, di letteratura, di antropologia, di scienza, filosofia, astronomia e in tutti gli altri settori, per una cultura veramente e concretamente universale che possa rendere reale la parità tra l’uomo e la donna e possa immortalare anche le donne.
E’ possibile, è corretto che si debba parlare di una storia delle donne, diversa da quella degli uomini? Non appartengono, uomini e donne, alla stessa umanità? Non è assurdo distinguere, nella storia delle vicende umane, una storia degli appartenenti al sesso femminile da quella degli appartenenti al sesso maschile? Perché si studia poco il Femminismo?!? Fenomeno estremamente importante, poiché si identifica nella prima forma di identità pubblica che le donne, prima una agguerrita minoranza, poi in gruppi sempre più estesi, si sono date a partire dalla fine del 1600. Forse non tutti sanno che Venezia, proprio in quel periodo, fu il luogo sorgivo delle prime e radicali formulazioni dell’idea femminista. Ovviamente Venezia non era allora una sorta di “Paradiso delle donne”, però a Venezia ci fu qualcuna di loro che ebbe i mezzi culturali e morali per produrre delle idee nuove, per metterle in iscritto, per ingaggiare una battaglia intellettuale. A quell’epoca si accese un’accanita disputa in merito alle capacità e al ruolo sociale delle donne. Il problema era all’ordine del giorno: le trasformazioni economiche, sociali e politiche avevano posto le premesse di una più ampia e consapevole partecipazione delle donne alla vita politica, artistica e culturale, eppure molte di loro conducevano ancora una vita grama e mortificante, escluse dai livelli alti dell’istruzione e da ogni ruolo significativo e consegnate, vita natural durante, o al matrimonio o alla clausura. Il vero e proprio femminismo nascerà però solo nell’Ottocento. L’orizzonte etico-politico del femminismo ottocentesco è stato quello dell’egualitarismo fra i sessi e della emancipazione giuridica ed economica della donna. Nel corso dell’Ottocento le femministe si sono comunque impegnate, oltre che su obiettivi specifici, anche su tematiche riguardanti i diritti umani e civili in senso ampio: le lotte per la libertà di pensiero e di associazione, per l’abolizione della schiavitù e della prostituzione, per la pace.
Ma soprattutto perché si studia poca letteratura femminile?!?
Perché, ribadisco, persiste una didattica asessuata (usando proprio l’espressione di Federico Sanguineti)?!? Eppure le donne hanno donato, donano e continueranno a donare un enorme e meraviglioso contribuito alla gloria della letteratura, della storia, della scienza e, in genere, di tutta la cultura italiana, europea e mondiale.
Rosamaria Bisignani