Lettera di frate Giovanni a don Domenico Furfuro superiore dell’Ordine: “Monsignore, nel nostro Monastero un confratello di nome Tommaso vagheggia la Città del Soldo!”.

Di “frate Giovanni”

Benedetto Padre,

quest’ anno il mese di marzo ci propone un percorso d’inaspettato dolore.

Non fraintendermi, io non soffro per la podagra e tanto meno per la chiragra;  non patisco  gli insulti del catarro o le ingiurie dell’ischiatica; non mi avviliscono i dolori colici e l’enfiagioni e nemmeno mi deprimo per la quartana e le flatulenze: essi sono semplici malanni che hanno ormai colonizzato, come è giusto che sia, il mio vecchio e decrepito corpo. Da sorella malattia mi difendo come posso: con la preghiera, con gli elettuari o bevendo acqua entro la quale frate infermiere mette a bollire radici d’erbe purgative, raccolte lungo le rive del fiume Rosa o tra i dirupi della Milara. Solo dall’aria ammorbata che si respira nel Monastero non riesco a difendermi! Un altro sacripante, proprio in questi giorni, si è accodato agli empi del Monastero: il suo nome è Tommaso de Livella. Nonostante la vita monastica, egli ha sempre curato, chiuso in un cupo silenzio, solo gli interessi della propria famiglia. Ha collaborato con tutti i Priori, che da dieci lustri a questa parte si sono succeduti alla guida del Monastero di San Sozonte, ricevendone come ricompensa laute prebende.

Tuttavia, in prossimità del Capitolo Generale, col quale eleggeremo il nuovo Priore,  il nostro confratello ha iniziato ad evidenziare segni d’inquietudine ed è stato sorpreso a leggere, con occhi infuocati, la Philosophia sensibus demonstrata e il De sensu rerum et magia, libri scritti da quell’eretico fra Tommaso Campanella, ora serrato nelle prigioni di Napoli. Cosa mai egli possa trovare in quei testi dannati, mi è parso d’intuirlo sentendolo disquisire pubblicamente.

Benedetto Padre, se mi segui con attenzione, ti svelerò gli scellerati arcani dei suoi ragionamenti. Fra Tommaso de Livella sostiene, al pari di Bernardino Telesio e del frate Domenicano di Stilo, che la natura vada conosciuta nei suoi tre principi: il caldo, il freddo e la materia. Poiché tutti gli esseri sono formati da questi tre elementi, essi sono considerati dotati di sensibilità… anche i sassi! Ma se Telesio affermava con circospezione che anche le pietre possono conoscere e Campanella sostiene con certezza che senz’altro esse conoscono, il nostro confratello Tommaso si è spinto oltre l’immaginabile. Favella in maniera, secondo lui inoppugnabile, di come anche i mattoni e non solo i sassi, posseggano un’anima! Ha riempito la sua cella di tegole e terrecotte e con esse intrattiene dotte discussioni che lasciano sbigottiti i nostri umili confratelli. Ad alcuni laterizi ha imposto anche un nome e confabula con essi di una città ideale. No, non trattasi però della Città del Sole propugnata da frate Campanella! Mi è parso di capire che Tommaso de Livella vagheggi invece la Città del Soldo che retta esser dovrebbe, non da un Metafisico ma da un Agrimensore. Lo smargiasso ha anche affermato pubblicamente che, per realizzare il suo sogno è pronto ad avvalersi dell’aiuto dei turchi e del Pirata di Zigala, i cui feroci emissari ha incontrato nella Locanda della Santa Croce, proprio qui a tre verghe dal Monastero di San Sozonte.

Monsignore, aspetto i tuoi avveduti consigli!

Valuta se dell’avvenimento debba esserne nformato don Juan Alfonso Pimentel de Herrera, Vicerè Spagnolo di Napoli. Un indomito terrore mi assale nell’immaginare i seguaci di Maometto, chiamati nel nostro contado dall’impudente fra Tommaso de Livella, che brandendo le mannaie dei loro torvi emblemi s’impossessano dei nostri ubertosi pascoli e violano le nostre virtuose donne. Le mie labbra ammutoliscono per l’angoscia e anche se siamo in Quaresima, non riescono a proferir prece . Quantunque inquieto, aspetto con immensa speranza, un tangibile segno della Potenza dell’Altissimo.

NON NOBIS, DOMINE, NON NOBIS, SED NOMINI TUO DA GLORIAM

Frate Giovanni

Dal Monastero di San Sozonte

Anno Domini 1609

4 risposte a “Lettera di frate Giovanni a don Domenico Furfuro superiore dell’Ordine: “Monsignore, nel nostro Monastero un confratello di nome Tommaso vagheggia la Città del Soldo!”.

  1. Gentile frate Giovanni,
    io credo sia veramente il caso di informare direttamente il conte di Bonavente, Nostro Sovrano.
    Egli, che già combatte le incursioni navali turche
    e adotta la strategia della “guerra preventiva” (lo sanno bene gli abitanti di Durazzo) potrà sedare il tradimento sul nascere…
    E, già che si trova, applicare le sue repressioni (“a fin di bene”) già collaudare in Napoli contro la malavita organizzata ed il diritto di asilo che allora era l’edificio di culto, adesso la casa del Comune….

    Solo speriamo che riparta dal nostro Monastero pressoche’ a mani vuote…
    ma di cosa mi preoccupo? Di tele di Caravaggio ormai non ne abbiamo piu’, sono già tutte sparite…………………

    ad maiora

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  2. Allora Frate Giovanni è veramente esistito! La parola agli esperti del Museo di San Sozonte

    Quella drittona di Maya mi ha messo sulla buona strada! Ho provato a digitare su Google la frase “Juan Alfonso Pimentel de Herrera, Vicerè Spagnolo di Napoli” ed è uscito un lungo elengo di vicende legate al personaggio in oggetto vissuto (badate bene!)proprio nel periodo di cui parla Frate Giovanni.
    Ne deduco che forse frate Giovanni è vissuto davvero e tutto quello che leggo dalle pagine di Goladelrosa.eu è vero.
    E allora ,quanto è vero che due più due fa quattro! , ne arguisco che è esisistita anche la figura di frate Tommaso de Livella e la sua Città del Soldo a lungo vagheggiata.
    E ne deduco ancora che forse a San Sosti esisteva anche la locanda della Santa Croce.
    Boh! avremo bisogno , per localizzarne le mura, della perizia di qualche esperto archeologo del Museo San Sozonte.
    Gli unici abilitati ad indagare avvenimenti nei quali noi miseri uomini corriamo il rischio di smarrirci.

    Un fans fedele di Frate Giovanni

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  3. et uno jorno due muli facevano la medesima strada, carichi di sacche; uno di loro, con in groppa frate Tommaso, portava delle sacche piene di denaro, tanto ne aveva accumulato nei suoi lunghi inverni al Monastero, l’altro sacche piene di orzo. Il primo, fiero per il prezioso carico, avanzava a testa alta, ostentava i sonagli luccicanti e disprezzava il compagno; quest’ultimo avanzava con passo lento e tranquillo dietro il burbero. Improvvisamente con un’imboscata irruppero dei briganti, il nostro contado ne è pieno, che colpirono con una spada il mulo che portava il denaro e strapparono via le monete al frate et ignorarono il mulo carico del vile orzo. Allora frate Tommaso che aveva ricevuto le ferite piangeva la sua triste sorte et bastonava di santa ragione il suo mulo stupefatto et imprecava contro l’altro confratello perchè mai non era stato derubato. Et lui rispose: “non sono stato ferito dai briganti perchè il mio carico, seppur vile, non faceva gola come il tuo”! et speriamo che nel nostro Monastero, sotto la guida di Nostro Frate Giovanni, non ci lasciamo attrarre dal vil soldo perchè dietro l’angolo c’è sempre il demone pronto ad impadronirsene.

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  4. Frate Leoluca da Corleone

    Saggissimo frate Giovanni,
    lunghe conclavi ardiscono nelle tenebrose notti del villaggio in cui centum candele si consumano per tramare obsceni piani. Ramingano per le dimore del contado e senza pudore, come spiriti immondi, si impossessano della povera gente. Li inducono al peccato tentandoli con falsa promessa di sicuro posto in paradiso e di metter fine alle sofferenze degli infermi. Come viscide anguille del fiume Rosa, te li ritrovi a convenire anche con noi frati terraioli che passiamo tutto il giorno a buttar sudori sulla terra della nostra abbazia. Il Priorato del Monastero alimenta gloriae cupiditas, i felloni, nel volerlo insidiare, hanno perso la ragione, osannano cose strampalate e invocano stregoni. Sono impossessati da demoni malvagi per cui ambiscon ad essere Priori per sovrastare nostro Signore.
    Molta roba è andata perduta: nella cantina del Monastero mancano 2 mezzarole di vino, forse trafugate e consumate con i peccatori del villaggio per rem agito, molti bronzi del Monastero, scampati all’iconoclastia, sono stati ceduti ai Turchi in cambio di misericordia e benedizione da parte di Mehemet III. Non puoi immaginare quale fine è toccata alle tele di fratello Joppolino; che Iddio lo abbia in gloria!
    Frate Giovanni, le mie mani toccano l’essenza di sorella terra: il legno del castagneto, le erbe della piana di Casiglia, la pietra del fiume Rosa, l’argilla di San Martino, la selvaggina dei boschi della Milora, persino il ghiaccio della Mula, e non possono assistere impietrite alla rovina del Monastero.
    Illuminato frate Giovanni, perchè il Signore ci mette di fronte a tutto ciò per essere insigniti del sigillo sacro a governo del Monastero?
    Illuminatissimo, feconde srcivano della terra di Sanctu Sosto, possa tu far luce nei reconditi cunicoli del Monastero di San Sozonte. Possa la tua saggezza salvare dall’imminente periculum la terra di Sanctu Sosto, possa tu intercedere sul Divino e ottenere grazia di salvezza per il ridente contado alle falde del Monte Mula, lambito dal cristallino fiume Rosa; terra fertile e pascolosa, ma minacciata da selvagge fiere.
    Noi frati terraioli e amanuensi, ti assisteremo nella battaglia per esorcizzarli, ma avremo bisogno dell’aiuto di tutti i fratelli di Sanctu Sosto con la benedizione del nostro Signore affinchè ci illumini e ci difenda dal male.

    Abbia Iddio Misericordia del villaggio e scacci i demoni dai boschi.

    Frate Leoluca da Corleone, Frate Marco (custode della grangia del Pectoruto) , Frate Luca (responsabile del magistero della rus), Frate Pietro (guardiano al portone della fucina)
    Anno domini 1609

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