Di G. Cesare De Rosis
Dante Alighieri lo collocò fra i beati sapienti con queste parole: “E lucemi da lato / il calabrese abate Gioacchino / di spirito profetico dotato” (Par. XII).
L’opera di Gioacchino da Fiore è basata su una profonda meditazione delle Sacre Scritture. Sono stati tanti, nel corso dei secoli, ad avere studiato il pensiero di Gioacchino da Fiore. L’abate calabrese, infatti, ha ispirato per secoli i più grandi pensatori, studiosi, mistici, artisti e conquistatori europei. Fra gli altri: San Francesco, San Domenico, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Dante, Cristoforo Colombo, Tommaso Campanella, Tommaso Moro. Le idee ed il pensiero di Gioacchino hanno influenzato notevolmente tutti i tentativi di un profondo rinnovamento spirituale. Le sue idee hanno trovato nuova linfa soprattutto col Concilio Vaticano II. A lui si sono ispirati quanti, durante il Concilio, hanno lavorato per una Chiesa profondamente rinnovata, aperta.
Il grande teologo gesuita e poi cardinale Henri De Lubac ha dedicato i suoi studi alle idee dell’abate calabrese in due volumi di più di mille pagine, intitolati “La posterità spirituale di Gioacchino da Fiore”.
Ma chi è in realtà Gioacchino da Fiore? Lo scrivente, nel lontano 2003, curò due brevi saggi su questo autore riservandosi di trattare più ampiamente in futuro. Certo, la bibliografia sul “profeta” filosofo e teologo è sterminata e le note redatte dallo scrivente non hanno di certo nessuna pretesa di originalità ma si pongono l’obiettivo di proporlo alle nuove leve soprattutto calabresi che molto poco lo conoscono.
Gioacchino fu uno dei più importanti mistici del XII secolo.
A partire da una rigorosa esegesi del testo biblico, Gioacchino formulò una filosofia della storia imperniata sulla corrispondenza delle tre età della Storia alle tre persone della Trinità. Elementi analoghi alla visione gioachimita della storia sono presenti anche nelle visioni di Ildegarda di Bingen, strutturate su una ossatura biblica profetica e apocalittica; e, come gli scritti di Ildegarda, anche quelli di Gioacchino sono caratterizzati dalla presenza di immagini e diagrammi non puramente esornativi, ma indispensabili per cogliere il significato più profondo delle sue intuizioni. Secondo Gioacchino da Fiore all’era del Padre, caratterizzata dalla rigidità della Legge veterotestamentaria, è succeduta quella del Figlio, “l’era media” contrassegnata dalla centralità della Chiesa romana; ad essa succederà l’età dello Spirito, i “tempi nuovi” in cui il mondo sarà trasfigurato dalla venuta dello Spirito della gioia. Il succedersi delle ere è indipendente dai comportamenti degli uomini, che possono soltanto cogliere i segni dei tempi e adattarsi ad essi: è del resto lo stesso piano di Dio che porta gli uomini dallo stato animale a quello psichico a quello pneumatico o spirituale. Il segno dell’età dello Spirito che viene saranno proprio gli “uomini nuovi”, di fronte ai quali la Chiesa proverà un invincibile terrore; gli sconvolgimenti descritti nell’Apocalisse segneranno il momento del passaggio.
Un autore che molto si avvicina all’abate florense è Ruperto di Deutz che con il suo “De Trinitate et operibus eius” si avvicina alla visione di Gioacchino e alla sua Teologia della Storia.
Le opere dell’abate sono molteplici. Tra il 1170 e il 1180 scrisse:
- Genealogia
- Liber de concordia Noui ac Veteris Testamenti
- Psalterium decem chordarum
- Expositio in Apocalypsim
- De prophetia ignota
- Exhortatorium ludeorum
- De articulis fidei
- Professio fidei
- Dialogi de prescentia Dei et predestinatione electorum
- Tractatus in expositionem vite et regule beati Benedicti.
Tra il 1190 e il 1202:
- Praephatio super Apocalipsim
- Intelligentia super calathis
- Enchiridion super Apocalypsim
- De ultimis tribulationis
- Tractatus super quatuor Evangelia .
Senza dubbio l’opera ritenuta più interessante e forse la più conosciuta è il Liber Figurarum. È la più bella ed importante opera di teologia figurale e simbolica del Medio Evo. Le figure, concepite e disegnate da Gioacchino da Fiore in tempi diversi, vennero radunate nel Liber Figurarum, appunto, nel periodo immediatamente successivo alla sua morte, avvenuta nel 1202. In esse è perfettamente illustrato il complesso ed originale pensiero profetico dell’abate florense, basato sulla teologia trinitaria della storia e sulla esegesi concordistica della Bibbia. In pratica ogni personaggio dell’ Antico Testamento avrebbe il suo corrispondente nel Nuovo. Possiamo ancora aggiungere che Gioacchino fa anche un parallelismo degli eventi oltre che dei personaggi dei due Testamenti.
Gioacchino da Fiore, superando l’interpretazione letterale della Bibbia, ce ne offre un’esegesi per figure, poiché Dio non è traducibile in narrazioni. E, se dell’immagine non è lecita riproduzione, il Suo disegno di salvezza può essere – secondo l’abate – svelato per via di un’ermeneutica profetizzante della Parola, che conduce chi ne ha il dono, mediante l’individuazione di simboli sacri e la spiegazione del loro significato. Fin qui, verrebbe da concludere, «nihil sub sole novum», da che, nel Medioevo – e nella mistica mediorientale prima – lo stesso procedimento è ampiamente seguìto.
Ciò che distingue l’asceta di Fiore, vale a dire la sua originalità, risiede piuttosto in una visione della storia composta secondo «concordanze», per l’influenza d’un già noto – all’abate – simbolismo numerico nell’alveo di Agostino. La concezione che il Nostro ha del tempo non solo non è più cristocentrica, ma, basata su un progressivo avvicinamento di Dio all’essere (umano), si pone quale paradigma escatologico dell’evangelizzazione francescana.
La figura di Gioacchino è presa in considerazione da uno studioso noto oggi al grande pubblico: Joseph Ratzinger e posta in relazione ad un altro autore, Bonaventura da Bagnoregio.
Papa Ratzinger rimanda a opere da lui scritte prima dell’elezione pontificia. Ad esempio è avvenuto il 7 giugno 2008 nel discorso ai partecipanti del simposio europeo dei docenti universitari in cui citò il capitolo terzo del suo volume “Introduzione al cristianesimo”; volendo comprendere il pensiero di Benedetto XVI non è possibile prescindere dalla sua formazione remota. Quale passaggio rappresenta lo studio di Bonaventura nell’itinerario culturale di Benedetto XVI? “A questa domanda rispose lui stesso quando, dovendo presentarsi in occasione della nomina a membro della Pontificia accademia delle scienze, il 13 novembre del 2000, pronunciò un discorso in cui disse: ‘Il mio lavoro post dottorale fu incentrato su san Bonaventura, un teologo francescano del XIII secolo. Scopersi un aspetto della teologia di san Bonaventura a quanto ne so non basato sulla letteratura precedente: la sua relazione con una nuova idea di storia concepita da Gioacchino da Fiore nel XII secolo. Gioacchino intese la storia come progressione da un periodo del Padre (un tempo difficile per gli esseri umani sotto la legge), ad un secondo periodo della storia, quello del Figlio (con maggiore libertà, più franchezza, più fratellanza), ad un terzo periodo della storia, il periodo definitivo della storia, il tempo dello Spirito Santo. Secondo Gioacchino questo doveva essere il tempo della riconciliazione universale, di riconciliazione tra l’est e l’ovest, tra cristiani ed ebrei, un tempo senza legge (in senso paolino), un tempo di vera fraternità nel mondo. L’interessante idea che scopersi fu che una corrente significativa di francescani era convinta che san Francesco di Assisi e l’Ordine francescano segnarono l’inizio di questo terzo periodo della storia, e fu loro ambizione l’attualizzarlo; Bonaventura mantenne un dialogo critico con tale corrente’”.
Riguardo alla formazione di Benedetto XVI, che si esprime anche nel suo pontificato, quale ruolo riveste la sua tesi inerente la teologia della storia di san Bonaventura? “Gli elementi sono molti. Ad esempio, se l’abate Gioacchino da Fiore commentando il racconto delle nozze di Cana dice che lo sposo è simbolo dello Spirito Santo, rompendo così con tutta la tradizione patristica, Bonaventura afferma perentoriamente la centralità di Cristo. Pensando alla sollecitudine del Papa nell’affermare la centralità di Gesù di Nazaret, come ha fatto nel suo libro, non si può che trovarvi dei riscontri. Così anche, mentre il gioachimismo profilava il superamento dell’età cristiana, tutto ciò non si riscontra in Bonaventura; considerando tutto questo non è difficile pensare al richiamo di Benedetto XVI a leggere la storia della Chiesa nell’ottica della riforma nella continuità piuttosto che della rottura”.
Grande sorpresa ha suscitato inoltre il non lontano richiamo del Nostro da parte di Obama. Egli ha infatti citato tre volte durante i suoi discorsi il religioso medievale Gioacchino da Fiore, chiamandolo addirittura “maestro della civiltà contemporanea” e “ispiratore di un mondo più giusto” nella sua impostazione mistico-filosofica.
Lo scorso anno il predicatore della Casa Pontificia padre Raniero Cantalamessa ha messo in evidenza nella sua terza predica Quaresimale questo richiamo del mistico medioevale Gioacchino da Fiore di Barack Obama.
«Il fatto che il neo eletto presidente degli Stati Uniti, durante la sua campagna elettorale, si sia riferito per tre volte a Gioacchino da Fiore – ha detto padre Cantalamessa – ha riacceso l’interesse per la dottrina di questo monaco del medioevo».
Tuttavia – ha osservato «pochi di quelli che disquisiscono su di lui, specialmente su internet, sanno, o si preoccupano di sapere, cosa ha detto esattamente questo autore», al quale viene attribuita troppo «disinvoltamente» «ogni idea di rinnovamento ecclesiale o mondiale».
Secondo le interpretazioni più in voga, Gioacchino da Fiore, invocando una nuova era dello Spirito, avrebbe propugnato una nuova Chiesa tutta spirituale, tollerante, libera, ecumenica, in grado di superare e sostituire dogmi e gerarchie. Se così fosse – spiega padre Cantalamessa – sarebbe una tesi «falsa ed eretica, perchè intacca il cuore stesso del dogma trinitario», secondo il quale lo Spirito non è successivo, ma contestuale e compenetrato con Dio e con Cristo.
In pratica Cantalamessa, a ragion veduta, propone a tutti una conoscenza più accurata dell’abate prima di ogni qualsiasi discorso.
Il teologo tedesco H. Peiffer docente alla Università del Laterano, autore del volume “La Sistina Svelata”, ha dimostrato che ogni sequenza dei quadri della Cappella Sistina opera di Michelangelo siano stati realizzati secondo le figure indicate di tempi, persone, patriarchi, profeti e donne dell’antico e nuovo testamento, sino al famoso quadro del Giudizio Universale, e proprio secondo il testo di Gioacchino da Fiore “Concordia veteris et novi testamenti”.
Michelangelo come Cristoforo Colombo che nei suoi scritti, si appellò più volte, all’autorità profetica dell’Abate calabrese, collegando la sua missione esplorativa all’evangelizzazione delle ultime genti della terra che, insieme con la definitiva riconquista di Gerusalemme, avrebbe dovuto segnare l’inizio della terza ed ultima età del mondo, l’età dello Spirito Santo. Anche i primi missionari francescani spagnoli dell’Osservanza partirono spinti dalla speranza gioachimita di poter creare nel nuovo mondo quella Ecclesia Spiritualis propria dell’ ultimo tempo della storia della Salvezza, ponendo le basi di una tradizione culturale e spirituale gioachimita il cui filo rosso non si è mai spezzato nelle terre dell’ America Latina. A proposito dell’America latina vorrei inserire una breve postilla. Un autore di questa portata non può non essere proposto in tutto il mondo ed è quello che da anni stanno facendo notevoli studiosi, tra questi ne vorrei citare una in particolare: Flora Simonetti Coelho (Università di Rio de Janeiro), che, nel V Congresso Internazionale di studi gioachimiti ha relazionato sul tema: Millenarismo e gioachimismo nella storiografia latinoamericana.
Sappiamo pure che non è nelle opere di storiografia che Gioacchino intende porre il criterio delle sue deduzioni e ricostruzioni; la sua fonte erano le Scritture, che per lui come per la Chiesa hanno un valore storico. E da qui emana la suddivisione delle tre età e parla della Redenzione. Redenzione del Padre per il popolo ebraico, Redenzione del Figlio per il popolo cristiano, che Gioacchino fa coincidere col mondo greco-romano, e vi sarà, infine, la “Redenzione dello Spirito”, che brucerà le scorie del peccato della Chiesa, ma provvederà anche alla rigenerazione del genere umano. Il momento conclusivo della storia dello Spirito, viene collocato in una dimensione di lotta tra Anticristo e Cristo. Non ci sarà una presenza visibile dello Spirito, come del resto non c’era stata del Padre, ma ci sarà invece nella storia un ritorno di Cristo in persona a segnare una vittoria sull’Anticristo.
G. Cesare De Rosis
Bibliografia essenziale
– E. Morrone, Il pensiero di Gioacchino da Fiore, in “Studi filosofici” n.3 2008
– P. Rodari, L’itinerario di Ratzinger verso san Francesco, in “Il Foglio” 6 settembre 2009
– M. Reeves, Originalità della Teologia della Storia di Gioacchino, in “Atti del I Congresso internazionale di studi gioachimiti” – S. Giovanni in Fiore 19 – 23 settembre 1979, pp. 27-56
– G. Di Napoli, Teologia e Storia in Gioacchino, in “ Atti del I Congresso…” op. cit. p.78 -83
– B. Mondin, Storia della Teologia, vol.2, 1997.
– G. C. De Rosis a cura di, Gioacchino da Fiore e l’escatologia medievale, in “Mater Ecclesiae” Sett. – ott. 2003.
– R. Manselli, Gioacchino da Fiore e la fine dei tempi, in “Atti del I Congresso…” op. cit. pp. 431 – 445.
– P. De Leo, Gioacchino da Fiore. Aspetti inediti della vita e delle opere, 1988.
– O. A. Bisignano, Gioacchino da Fiore e la fine dei tempi , Cosenza, 1999.
– V. Napolillo, Gioacchino da Fiore, le fonti biografiche e le lettere, 1999.
– Molti altri articoli sono stati letti e sono stati utili per la costruzione di questo testo sia su riviste in materiale cartaceo che on line. La piccola antologia delle opere è tratta dal sito del Centro Internazionale di Studi Gioachimiti.