Una doverosa informazione sui cosiddetti “Dissociatori Molecolari”

di Pierino Calonico

Carissimo Raffaele da qualche tempo, per lavoro, sono lontano dal nostro caro Paese ma, grazie al tuo giornale interattivo, ho appreso che a San Sosti si vuole realizzare un c.d. “Dissociatore molecolare”.
Al riguardo mi corre l’obbligo di dare un mio modestissimo contributo per agevolare la comprensione con un’equilibrata, giusta, informazione tecnica al citttadino che, ovviamente, può, anche, ignorare del tutto tale problematica… ed a torto disinteressarsene. Pertanto di seguito ti allego una seria analisi sui “Dissociatori molecolari” frutto, soprattutto, dello studio di un mio amico, Y. Di Gioia, esperto in materia.
Riguardo ai c.d. “Dissociatori molecolari” la prima cosa che bisogna
sottolineare è la definizione del suo processo costitutivo.
Il sistema tecnologico, presentato qua e là, è completamente lacunoso di dati tecnici, ma è chiaro che si tratta di un gassificatore e che rientra nella
categoria dei processi a caldo degli inceneritori (in proposito vedi i
documenti ufficiali di Medicina Democratica).
Infatti la normativa europea e nazionale afferma che: “é impianto di incenerimento: qualsiasi unità e attrezzatura tecnica, fissa o mobile, destinata al trattamento termico di rifiuti ai fini dello smaltimento, con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione”.
Sono compresi in questa definizione l’incenerimento mediante ossidazione dei rifiuti, nonché altri processi di trattamento termico, quali ad esempio la pirolisi, la massificazione ed il processo al plasma, a condizione che le sostanze risultanti dal trattamento siano successivamente incenerite. La definizione include il sito e l’intero impianto di incenerimento, compresi le linee di incenerimento, la ricezione dei rifiuti in ingresso allo stabilimento e lo stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione dei rifiuti, del combustibile ausiliario e dell’aria di combustione, i generatori di calore, le apparecchiature di trattamento, movimentazione e stoccaggio in loco delle acque reflue e dei rifiuti risultanti dal processo di incenerimento, le apparecchiature di trattamento degli effluenti gassosi, i camini, i dispositivi ed i sistemi di controllo delle varie operazioni e di registrazione e monitoraggio delle condizioni di incenerimento;” (cfr. art. 2 comma 1 Dlgs 133/05).

Per altro vale la pena rimarcare riguardo alla vera definizione del “Dissociatore Molecolare” che la stessa società costruttrice dell’unico esemplare al mondo (cioè quello di Husavik) lo inserisce nella lista degli inceneritori costruiti.
A differenza della maggior parte degli inceneritori di ultima generazione (e comunque progettati nei decenni passati), il dissociatore presentato accetta in entrata, a detta della ditta venditrice, tipologie varie di rifiuti, anche il c.d. tal quale.
Questo è in netto contrasto con la necessaria, indispensabile, raltà di differenziare e riciclare gli RSU. Inoltre tecnicamente rende il processo a basso grado di stabilità. Processo, poi, che va considerato nella sua caratteristica di lavoro in modalità batch, quindi non continua, con tutti i difetti del caso.
E’ difficilmente plausibile che uno strumento del genere possa ricevere – in una situazione come quella del sud Italia, dove la differenziata è ancora una politica da intraprendere e la gestione dei rifiuti avviene con pochi controlli – materiale in entrata che possa offrire sufficienti garanzie di processo.
Nella prima parte del processo del c.d. “Dissociatore Molecolare” va riferito l’utilizzo di combustibile esterno (particolare anche questo non approfondito) per avviare la combustione necessaria. La temperatura raggiunta, a quanto pare,
varia tra i 350 e 600°C (vedi test pubblicati dall’ Università di Roma “La Sapienza”), temperature quindi di massima produzione di diossina.. Né si può parlare di pirolisi completa, data la non totale assenza di ossigeno (non garantibile in ogni caso, data la variabilità della tipologia di rifiuti in ingresso).
Quello che avviene in realtà è un semplice processo di gassificazione della parte organica, quindi praticamente una metodologia già vecchia, inutile e dannosa, dato che tale tipo di rifiuto è più vantaggiosamente (sotto un punto di vista economico, ambientale e sanitario) utilizzabile per un processo a freddo di produzione di compost.
Già questo basta ed avanza a bocciare, completamente, l’idea di un “dissociatore molecolare”!
In uscita a questa prima fase del processo di trattamento e lavorazione RSU, in batch, abbiamo, oltre ad una quantità di diossina non opportunamente verificata, la presenza non riportata di: TOC, HCI, HF, SO2, NOx, CO, Hg, metalli pesanti e altro.
Un discorso a parte va fatto sulle nanopolveri, di cui non si fa menzione e che comunque si tende a valutare esclusivamente con un rapporto (peso)/(volume d’aria) e non in base alla quantità numerica delle polveri più sottili (<PM2,5), misurazione che invece andrebbe valutata in seguito agli studi della Nanodiagnostics.
Va poi sottolineato che una cosa è riportare (e finora in maniera molto carente) le misurazioni all’interno del sistema (non chiuso) dei processi di combustione ed un’altra è invece quella all’esterno. Processi di associazione molecolare e quindi di creazione di inquinanti avvengono ai vari strati atmosferici.
Nutriamo forti dubbi sulla volontà ed, in particolare, la capacità di una valutazione corretta, approfondita ed indipendente di tutti gli inquinanti possibili.
Si nota dalla stessa, scarna e superficiale, relazione dell’Università “La Sapienza” di Roma che già i soli primi test non sono di approfondimento sufficiente (nel documento infatti si usano termini del tipo “il cloro dovrebbe essere preferibilmente sequestrato…”, “è presumibile che…” o “questo punto sarà comunque oggetto di ulteriori approfondimenti”).
Tutta la motivazione ideologica pseudo-positiva… “pro-dissociatore molecolare”, riguarda la produzione del c.d. syngas.
Quest’ultimo è un gas sintetico, di composizione varia, della quale non si hanno precise informazioni in questo caso. E’ ovvio che ricada su quest’ultima inaffidabilità la questione della poca stabilità del processo intero. Allo stesso modo non si fa menzione dell’inquinamento prodotto per la pulizia del gas risultante, al fine di renderlo commerciabile.
In sintesi si tratta di un gas dal bassissimo potere calorifico (molto probabilmente utilizzabile solo come piccola parte di miscela con metano) e dal rischio di inquinamento per tutto il processo di pre-trattamento che non viene mai preso in considerazione nei documenti presentati. In uscita, oltre il syngas ed i particolati vari, ci ritroviamo una buona parte di massa solida sotto forma di sostanze vetrificate, metalli surriscaldati e ceneri, oltre una quantità non considerabile di percolato, ed eventuali fanghi per la purificazione del syngas.

In definitiva possiamo affermare che:
1- Il cosiddetto “Dissociatore molecolare” non è altro che un inceneritore comprensivo di un processo di gassificazione della parte organica;
2-Questa pratica è inutile se, a valle della differenziata, si sceglie la via più pulita ed economica del compostaggio e del trattamento a freddo (meccanico e biologico);
3-I dati riportati sono lacunosi e incoerenti;
4-Non ci sono garanzie né su eventuali capacità di controllo né sulla stabilità del processo.
5-Avendo la Campania e la Calabria esperienza di occultamento di rifiuti tossici in discariche e in processi di smaltimento vario dei rifiuti, il gassificatore presentato, accettando in ingresso anche i rifiuti indifferenziati, si presta ad essere obiettivo delle stesse vie illegali di smaltimento.
6-Non si vede quindi con cosa motivare la scelta di un sistema a caldo, che trasforma i rifiuti in inquinanti vari e del syngas incerto, laddove un processo virtuoso di differenziazione spinta (anche tramite TMB) è nettamente più economico, ecologico e sostenibile!
Per tutti questi motivi l’eventuale realizzazione di un c.d. “Dissociatore Molecolare” a San Sosti o altrove non può che essere bocciata in toto.
Nel ringraziare, pubblicamente il mio amico naturalista “Esperto”… mi permetto di concludere con il suo più semplice, secco, giudizio sul “Dissociatore Molecolare”:
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Io credo che San Sosti non merita di essere uno strumento cieco per la sperimentazione…. per il suo futuro.. e per la nostra stessa vita… per i nostri figli!

Pierino Calonico

6 risposte a “Una doverosa informazione sui cosiddetti “Dissociatori Molecolari”

  1. Giuseppe Ventura

    Caro Pierino,
    credo che dovresti sceglierti un “esperto” un poco più competente prima di poterti permettere di giudicare una tecnologia che con tutta evidenza non conosci per niente.
    Nella tua lettera hai scritto molte falsità con l’intento di diffamare la tecnologia della Dissociazione Molecolare, spero che tu ti renda conto che potresti essere chiamato a rispondere di quello che scrivi.
    In qualunque caso, e per tua conoscenza, ti voglio rassicurare sugli effetti inquinanti del Dissociatore Molecolare.
    – Non produce diossine (perché lavora in atmosfera fortemente riducente e non a causa della temperatura), analisi approfondite effettuate da laboratori specializzati non sono riuscite a rilevarne alcuna traccia.
    – Non produce polveri sottili (perché per ossidare non usa una fiamma ma un lento processo simile a quello della brace che non è in grado di sollevare polveri)
    – Non produce vapori metallici (perché a 400°C i metalli non vaporizzano)
    – Non produce percolati (perché è un processo termico che restituisce ceneri asciutte e prive di carbonio)

    Per quanto riguarda la raccolta differenziata ed il compostaggio, che tu ritieni essere la soluzione di tutti i problemi, ti inviterei ad informarti meglio… scoprirai probabilmente che quasi tutto il compost finisce in discarica e che la differenziazione dei rifiuti a livello domestico è solo una utopia. Nel trattare la frazione umida del rifiuto solido urbano, raccolta in modo differenziato, con il porta a porta, in località dove la raccolta differenziata è una cultura acquisita, dove dovresti trovare esclusivamente scarti organici alimentari, si trovano normalmente posate, mestoli, scatolette, monete…, noi una volta abbiamo trovato anche una bicicletta, per bambini, piccola, ma una bicicletta.
    Se pensi davvero che nel contenitore della carta non ci sia anche la plastica forse non ti rendi conto del fatto che il processo è sviluppato a livello domestico, fra migliaia di persone, di ogni cultura, senso civico e umore.
    Mi dispiace disilluderti, ma la raccolta differenziata non è affatto una soluzione percorribile, è solo una soluzione molto costosa, sia in termini economici che ambientali.

    I rifiuti sono una risorsa energetica importante e credimi, si possono sfruttare anche senza inquinare,
    fallo sapere anche al tuo amico “esperto”.

    GIUSEPPE VENTURA

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  2. Pierino Calonico

    Egregio Signor Ventura perdo il tempo giusto per esternarLe solo qualche “Disinteressatissimo” rigo..
    “L’ interessatissima Sua minacciosa e irridente risposta al sottoscritto la dice lunga sulla Sua sensibilità e forma mentis… comunque… Le sia ben chiaro che la mia buona fede è tale che non si lascia intimidire proprio da nessuno.. Le rammento, infine, che viviamo in un0 Stato di Democrazia… ed il conseguenziale, sacrosanto, Diritto di libertà di espressione (Non si dia pena io lo conosco molto bene!Art 21 Costituzione.) sancito come Principio Costitruzionale della libertà di manifestazione del proprio pensiero!
    In tal senso da Lei mi diversifico alquanto…. infatti concludo
    augurandoLe un felicissimo 2011!
    Pierino Calonico

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  3. Pierino Calonico

    Caro Raffaele ti allego(relata refero!) una relazione di Medicina Democratica Onulus (vedi http://www.medicinademocratica.org /) ma anche un articolo interessante già pubblicato sulla rivista “Il Golfo”…. ovvio tutto ciò per dimostrare che senza diffamare nessuno, de relata, e senza essere uno scienziato della materia si può e si deve fare una giusta informazione, in particolare, per questioni di assoluta importanza…. Ecco dunque dei documenti che circolano da tempo su internet di alcuni dei tanti “Ciarlatani” -come dice il disinteressato di turno… -che non vedono di buon occhio cioè favorevolmente il c.d. “Dissociatore Molecolare”:
    IL GOLFO Quotidiano di Ischia e Procida
    redazione@ilgolfo.it
    Il dissociatore della disfida
    Ma chi governa Procida?
    Replica a Gaetano Cola, Presidente della Camera di Commercio di Napoli
    ( 17-6-2008 Basilio Luoni – Associazione Operatori turistici Isola di ) Procida – Apprendiamo dal quotidiano “Il Denaro “ di Venerdì 13 giugno che Gaetano Cola, Presidente della Camera di Commercio di Napoli, nel corso del pranzo degli imprenditori partenopei con il premier Silvio Berlusconi, si dice pronto a finanziare la sperimentazione del Dissociatore molecolare (inceneritore per le leggi europee) sull’isoletta di Procida, previa autorizzazione del Sottosegretario all’emergenza Rifiuti Guido Bertolaso. A parte il termine “isoletta” che fa molta tenerezza suggerendo immagini di gabbiani in volo sopra uno scoglio disabitato per un’isola che ha più di diecimila abitanti. Ma mi chiedo chi amministra quest’isola?
    Il Presidente della Camera di Commercio di Napoli Gaetano Cola o il Sindaco? La camera di commercio di Napoli o il Consiglio Comunale di Procida? Siamo forse il primo comune d’Italia la cui Amministrazione è stata commissariata da una Camera di Commercio, istituzione benefica per carità, ma che si candidasse alle elezioni amministrative la prossima volta se vuole cambiare compiti e mestiere. Immagino che l’esimio Presidente abbia raccontato al Presidente del Consiglio della calda accoglienza riservata dai cittadini procidani alla sua proposta nel Consiglio Comunale del 29 maggio. In quell’occasione presentò i suoi esperti, che altro non erano che i piazzisti della EPPM & SenreQ LLC ditta Svizzero-americana da lui sponsorizzata e di un’altra ditta. Questi “esperti” furono ridicolizzati dagli interventi dei cittadini, che dimostrarono:
    1) Che quella tecnologia non poteva escludere rischi per la salute, in quanto mai sperimentata, com’è dimostrato dall’inesistenza di questi impianti in Italia, nonché in Europa. L’impianto da loro proposto, nei sobborghi di Chicago, è un impianto “dimostrativo”. Cioè funzionante solo per visite guidate a potenziali clienti, tra l’altro senza molto successo, visto che tutti gli impianti citati nell’articolo del “Denaro”, sono inesistenti, escluso quello attivo in una landa desolata dell’Alaska per altri scopi (separare l’acqua dal petrolio dilagato in mare in occasione di un disastro ambientale). Tra l’altro è emerso che l’ex presidente di questa società è sotto processo per truffa.
    2) Il processo tecnico di dissociazione, nel momento in cui s’introducono materiali compositi e diversissimi tra loro come i rifiuti, diventa imprevedibile e nessuno può dire cosa avverrà. Viene meno cioè la possibilità di replicare le condizioni dell’esperimento, presupposto indispensabile per ogni applicazione su scala più vasta.
    3) Sperimentare una tecnica nuova in una campo così delicato come il ciclo dei rifiuti vuol dire valutarne l’efficacia in condizioni di sicurezza. Proporne la sperimentazione in un centro urbano qual è l’isola di Procida è un approccio che rasenta la superficialità criminale. Noi cittadini veniamo trasformati in cavie, mettendo in discussione fondamentali diritti, quali quello alla salute e alla partecipazione ai processi decisionali che hanno una ricaduta sull’ambiente e quindi sulla qualità della vita e della salute anche delle generazioni future. ( come garantisce la convenzione di Aarhus recepita dall’Italia con la legge 16 marzo 2001 numero 108)
    4) Costa Quattro milioni di euro. Vero che il generoso presidente Cola lo finanzia, immagino per spirito filantropico.
    5) Non risolve l’emergenza, visto che occorrono quattro mesi per installarlo.
    In conclusione l’Assemblea dei Cittadini in quel Consiglio Comunale e in altri momenti partecipativi ha dimostrato che quell’impianto è pericoloso, inaffidabile, inutile e antieconomico e ha proposto come alternativa la Raccolta Differenziata che se ben organizzata, risolverebbe nel giro di tre quattro mesi il problema rifiuti dell’isola. Non riusciamo a capire perché questa Raccolta Differenziata dopo mesi di emergenza non parta, visto che come cittadini saremmo ben lieti e motivati nell’attuarla senza bisogno di volontari che vengano a spiegarcene l’utilità. Questo vorremmo che il Sottosegretario all’emergenza Rifiuti Guido Bertolaso ci chiarisse: I famosi piani per la raccolta differenziata depositati a febbraio, non dovevano diventare operativi entro trenta giorni e quindi massimo ad aprile. Come mai a Procida questo piano non viene ancora attuato?

    L’ARTICOLO CHE HA FATTO ARRABBIARE I PROCIDANI

    Il DISSOCIATORE MOLECOLARE FA ROTTA SU PROCIDA

    ANTONELLA AUTERO
    Da Il Denaro
    Tanti piccoli impianti al posto di pochi, ma ingombranti, inceneritori. Mentre la Campania è in piena emergenza rifiuti, in attesa dell’apertura di nuove discariche e della costruzione del termovalorizzatore, Gaetano Cola, numero uno della Camera di Commercio di Napoli rilancia l’ipotesi del dissociatore molecolare. E, nel corso del pranzo degli imprenditori partenopei con il premier Silvio Berlusconi, mercoledì scorso in prefettura, si dice pronto a finanziarne la sperimentazione nell’isoletta di Procida, previa autorizzazione del sottosegretario all’emergenza rifiuti Guido Bertolaso. Non è la prima volta che si tenta di importare in Campania la tecnologia made in Usa: quasi un anno fa il commissario straordinario per l’emergenza rifiuti, Alessandro Pansa, aveva autorizzato la sperimentazione della dissociazione molecolare nel Sannio su sollecitazione dell’allora presidente della Provincia, Carmine Nardone. Ma per i successivi turn over cui è andata incontro la struttura commissariale, non se n’è fatto più nulla. Tra i vantaggi della nuova tecnologia, la capacità d’essere modulare (nell’impianto si possono combinare quante celle si vogliono, partendo da un minimo di un metro cubo ad un massimo di novanta) per adattarsi a tutte le realtà locali, e la possibilità di trattare spazzatura indifferenziata (cosidetta “tal-quale”) per ricavarne un gas sintetico ad alto valore energetico, il Syngas. Ha atteso il meeting degli industriali partenopei con il presidente del Consiglio, mercoledì scorso in prefettura, per presentare la sua proposta: un’alternativa ai termovalorizzatori, realizzabile in appena quattro mesi, il dissociatore molecolare. Gaetano Cola, presidente della Camera di Commercio di Napoli punta sulla nuova tecnologia: “Da sola Acerra non ce la farà mai – spiega Cola -. Meglio pensare a piccoli impianti, capaci di smaltire qualche decina di tonnellate di rifiuti al giorno, al servizio dei piccoli Comuni”. L’ente camerale è pronto a sponsorizzarne la sperimentazione nell’isoletta di Procida, previo via libera del sottosegretario all’emergenza rifiuti, Guido Bertolaso: “Il Governo va avanti con il proprio progetto ú dice il presidente dell’ente camerale ú. Ma mi pare che Silvio Berlusconi abbia accolto bene la proposta. Si è detto disponibile a un incontro nei prossimi giorni”.

    La tecnologia
    Ma come funzionano gli impianti sui quali anche l’ex presidente della Provincia di Benevento aveva scommesso quasi un anno fa? Attraverso un processo di “dissociazione molecolare”, realizzato mediante l’utilizzo di una tecnologia sviluppata negli Stati Uniti negli anni ‘90, il materiale organico può essere trasformato in energia, per la precisione in un gas sintetico ad alto valore energetico chiamato Syngas. L’impianto non emette molecole all’esterno. Tutto il processo avviene all’interno di camere sigillate in cui è pompata una certa quantità d’aria. Dalla camera sigillata può uscire solo un gas sintetico. La dissociazione molecolare consente, inoltre, di recuperare tutti i materiali non carboniosi. I materiali non dissociabili rimangono, in pratica, inalterati. Con un semplice procedimento meccanico è possibile estrarre tutto il vetro e il metallo presente nei rifiuti “dissociati”.

    I vantaggi
    La percentuale di prodotto lavorato arriva fino al 97 per cento. In questo modo il residuo finale si aggira intorno al 3 per cento e non al 25 come in un normale inceneritore. Uno dei maggiori vantaggi è che il rifiuto può essere conferito così com’è. Non c’è bisogno di pre-trattare la massa da dissociare. Il sistema è in grado, in pratica, di trattare contemporaneamente qualsiasi tipologia di rifiuto a base carbonica con un’umidità inferiore al 35/40 per cento: i rifiuti solidi urbani indifferenziati, la frazione organica dei rifiuti urbani, la biomassa, i rifiuti industriali, i rifiuti agricoli, i pneumatici, i vari tipi di plastica, i rifiuti ospedalieri, i rifiuti della macellazione. Non è necessaria alcuna selezione.

    Dimensioni
    Quali sono le dimensioni di un impianto in grado di smaltire 60mila tonnellate al giorno di rifiuto solido urbano (i rifiuti prodotti da una città di 60.000 abitanti)? La struttura può essere costruita su di un’area di circa 2500 metri quadrati. Può produrre, inoltre, circa 45 Gwh d’elettricità e 55 Gwh termici ogni anno (utilizzabili per fornire energia e calore a strutture come scuole, ospedali, aziende ). Impianti di questo tipo sono presenti e perfettamente funzionanti in Cina, Taiwan, Cile, Sud Africa, Filippine, Isole Cayman, Islanda, Australia, Indonesia, Croazia. Nei seguenti Stati americani: Alaska, Indiana, Columbia, Washington, Louisiana, Wyoming, Delaware.

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    Medicina Democratica ONULUS
    http://www.medicinademocratica.org
    14 settembre 2006
    Note inerenti la documentazione disponibile relativa all’impianto di “dissociazione molecolare” di Husavik (Islanda):
    alternativa all’inceneritore o inceneritore alternativo ?
    Il superamento degli inceneritori va effettuato con manovra a sinistra o a destra, oppure bisogna dare precedenza ad altro ?
    In considerazione di diverse richieste inerenti l’oggetto invio le seguenti note tecniche sulla
    questione pur “obtorto collo” in quanto non sono in possesso di documentazione adeguata per una
    valutazione esauriente.
    La documentazione esaminata è costituita dai due documenti disponibili sul sito ecquoecologia
    ovvero la relazione “Oltre l’età del fuoco” e le slides della società Energo con riferimento
    all’impianto di Husavik (Islanda).
    Per completezza (non ho trovato queste informazioni nella documentazione disponibile)
    risulterebbe che la società che ha realizzato l’impianto di Husavik fa parte del gruppo della
    Enerwaste International Corporation e quella che lo ha progettato – o viceversa, non sono chiari
    padri e madri di questo impianto – è la IceBits Pte Ltd), l’impianto è attivo da dicembre 2005.
    La IceBits Pte Ltd sul proprio sito web colloca l’impianto di Husavik tra i Sorporkustöðvar: (Waste
    Incinerators) ovvero gli inceneritori.
    La tabella completa è la seguente
    Sorporkustöðvar: (Waste Incinerators)
    Brennu-Flosi Tourist & Municipal 1991 Svinafell / Oeraefi / Iceland
    Kirkjubaejarklaustur 1 Municipal Waste 1993 Skaftarhreppur / Iceland
    Talknafjoerdur Municipal Waste 1999 Talknafjoerdur / Iceland
    Troellasorp Municipal Waste 1999 Siglufjoerdur / Iceland
    Kirkjubaejarklaustur 2 Municipal Waste 2002 Skaftarhreppur / Iceland
    Vesturbyggd Municipal Waste 2003 Patreksfjoerdur / Iceland
    Skagafjoerdur Municipal Waste 2004 Skagastroend / Iceland
    Husavik Power Authority Municipal Waste 2005 Husavik / Iceland
    Segnalo per gli interessati che una tecnologia analoga (in cui vi la fornitura al sistema di calore
    avviente tramite la formazione di un campo elettrico anche se in condizioni meno drastiche rispetto
    al più noto processo al plasma) è il sistema SEED (STE Technology di Padova) di
    “elettrodissociazione” (la denominazione si avvicina a quella con cui viene presentato l’impianto di
    Husavik) anche di rifiuti per la produzione di syngas e successivo utilizzo energetico, quest’ultimo
    impianto è stato testato (fuori d’Italia) quasi esclusivamente su rifiuti particolarmente problematici
    1
    (come il PCB) più per la riduzione della loro tossicità che per finalità energetiche (similmente ai
    processi al plasma finora attivi) ma viene presentato come idoneo anche per rifiuti urbani.
    Premesso quanto sopra cerco di indicare alcuni “punti fermi” per una valutazione dell’impianto
    proposto. Come si vedrà le note pongono più domande rispetto alle possibili risposte ma questo
    deriva dalla carenza conoscitiva.
    1. Le denominazioni
    Nella discussione scaturita dalla proposta vi è stata una diatriba sulla definizione dell’impianto
    proposto che è palesemente un impianto di gassificazione con alcune particolarità rispetto a quelli
    “tradizionali”.
    La discussione sulla denominazione si riverbera sulla “alternatività” della proposta rispetto
    all’incenerimento dei rifiuti.
    L’unico “timone” in tal senso è rappresentato dalla normativa europea e nazionale che afferma
    quanto segue.
    d) impianto di incenerimento: qualsiasi unità e attrezzatura tecnica, fissa o mobile, destinata al
    trattamento termico di rifiuti ai fini dello smaltimento, con o senza recupero del calore prodotto
    dalla combustione. Sono compresi in questa definizione l’incenerimento mediante ossidazione dei
    rifiuti, nonché altri processi di trattamento termico, quali ad esempio la pirolisi, la gassificazione
    ed il processo al plasma, a condizione che le sostanze risultanti dal trattamento siano
    successivamente incenerite. La definizione include il sito e l’intero impianto di incenerimento,
    compresi le linee di incenerimento, la ricezione dei rifiuti in ingresso allo stabilimento e lo
    stoccaggio, le installazioni di pretrattamento in loco, i sistemi di alimentazione dei rifiuti, del
    combustibile ausiliario e dell’aria di combustione, i generatori di calore, le apparecchiature di
    trattamento, movimentazione e stoccaggio in loco delle acque reflue e dei rifiuti risultanti dal
    processo di incenerimento, le apparecchiature di trattamento degli effluenti gassosi, i camini, i
    dispositivi ed i sistemi di controllo delle varie operazioni e di registrazione e monitoraggio delle
    condizioni di incenerimento;” (cfr. art. 2 comma 1 Dlgs 133/05).
    Dalla lettura di quanto sopra riportato è palese che un impianto di gassificazione che invia a
    combustione il syngas è un impianto di incenerimento (perlomeno nei paesi della Unione Europea –
    cui l’Islanda non appartiene).
    Ovviamente, sempre seguendo la normativa (italiana), un impianto del genere, che utilizza rifiuti e
    brucia il gas prodotto, potrebbe essere considerato anche come una centrale termoelettrica (con fonti
    rinnovabili) e/o soggetto a procedura semplificata (Dm 5.02.1998) o anche venire escluso in toto
    dalla normativa sui rifiuti (DM 5.05.2006) ove il rifiuto (anzi il combustibile) alimentato sia il
    cosiddetto CDR di qualità (UNI 9903-1).
    2. La tipologia di rifiuti
    L’impianto viene presentato come idoneo a “dissociare” tutte le tipologie di rifiuti sia in forma tal
    quale (rifiuto indifferenziato) e senza alcun pretrattamento, come pure rifiuti con caratteristiche più
    omogenee come biomasse (residui agricoli).
    Chi scrive ha una diffidenza innata e per mentalità (da chimico) di fronte a processi che promettono
    di trattare matrici complesse ed eterogenee e, ciò nonostante, dichiara una “semplicità” nei prodotti
    (in questo caso il syngas) e, conseguentemente, prestazioni ambientali (emissioni, residui ecc)
    elevate e limitati problemi nei residui.
    2
    Per poter andare oltre a questa diffidenza (e verificarla nel caso in questione) occorrebbe conoscere,
    in primo luogo, le caratteristiche merceologiche dei rifiuti alimentati nell’impianto in questione per
    capire se le prestazioni dichiarate siano o meno plausibili.
    L’unica cosa che veniamo a conoscere è che l’impianto di Husavik ha una capacità di 2.000 kg/h
    (16.000 tonnellate) e che serve 35.000 abitanti .
    Un primo dato quantitativo ci farebbe capire l’entità della raccolta differenziata (se l’impianto
    riceve solo rifiuti urbani dagli abitanti dobbiamo presumere che gli islandesi in questione siano
    degli zozzoni in quanto produrrebbero, senza contare la raccolta differenziata che speriamo sia
    esistente, 1,25 kg/giorno/procapite di rifiuti indifferenziati; il che significa una produzione
    complessiva oltre i 2 kg giorno, all’incirca il doppio degli italiani).
    In effetti gli islandesi non scherzano : nel 2004 mediamente hanno prodotto complessivamente
    quasi 4,5 kg/procapite al giorno di rifiuti (488.000 tonnellete/anno per 299.404 abitanti), va tenuto
    conto però che nei dati che ho reperito (di fonte governativa) non vengono distinti i rifiuti
    municipali da quelli industriali e probabilmente è così anche nel caso dell’impianto in questione.
    Per questo, a maggior ragione, avremmo bisogno di conoscere la composizione merceologica dei
    rifiuti alimentati per capire – ad esempio – la plausibilità del valore dei residui solidi dal processo (i
    documenti disponibili danno una indicazione del 3 % rispetto al peso dei soli rifiuti “organici”, a
    questi, quindi vanno sommati metalli, vetro e altre frazioni inerti che compongono anche le scorie
    degli inceneritori tradizionali e che – secondo i sostenitori di questi ultimi impianti sono altrettanto
    “recuperabili”).
    Tenuto conto inoltre che Husavik è un centro con importanti industrie di trasformazione dei prodotti
    ittici non vorremmo che il nostro gassificatore sia in realtà una immensa grigliata ….
    Proprio perché l’impianto viene proposto come una chiusura virtuosa del ciclo dei rifiuti, anche in
    relazione alla possibile contraddizione in termini quantitativi, sarebbe stato utile ricostruire l’intero
    “ciclo” di gestione dei rifiuti della collettività islandese e non solo occuparsi del “residuo” e della
    impiantistica dedicata con cui si finisce in discussioni stucchevoli e che si impantanano in questioni
    meno importanti di quella che ci dovrebbe occupare : produrre meno rifiuti e , per i pochi,
    pochissimi ancora prodotti, fare in modo che possano essere destinati a recupero come materiali o
    siano sufficientemente inerti per poterli affidare a una discarica.
    Ciò per evitare, perlomeno, che la discussione finisca unicamente su aspetti tecnici mentre il
    problema rifiuti, come è noto, è una questione essenzialmente economico-sociale e culturale (ed è
    su questi aspetti che chi contrasta l’incenerimento insiste o dovrebbe insistere).
    Così viene sintetizzata la politica islandese sui rifiuti (ripresa da quella europea) :
    The Waste Management Law no. 55/2003 and Regulation no. 737/2003 on waste treatment
    transpose the following EU targets into Icelandic law:
    1. To reduce the total weight of organic household waste to be landfilled by 25 per cent by no later
    than 1 January 2009, by 50 per cent by no later than 30 June 2013, and by 65 per cent by no later
    than 30 June 2020,
    2. To reduce the total weight of other organic waste, such as biodegradable organic waste to be
    landfilled, by 25 per cent by no later than 1 January 2009, by 50 per cent by no later than 30 June
    2013 and by 65 per cent by no later than 30 June 2020,
    3. To recover packaging waste by between 50 per cent as a minimum and 65 per cent as a
    maximum by weight, to recycle between 25 per cent as a minimum and 45 per cent as a maximum
    by weight of the totality of packaging materials contained in packaging waste, with a minimum of
    15 per cent by weight for each packaging material, all on a yearly basis,
    3
    4. To reuse and recover end-of-life vehicles (ELV) by no later than 31 December2005 by 15 per
    cent as a minimum, and to reuse and recover the average total weight of vehicles by 20 per cent as
    a minimum,
    5. To collect and treat in an appropriate way an average of 4 kilos of Waste Electrical and
    Electronic Equipment (WEEE) per capita annually.
    Per quanto riguarda la raccolta differenziata, così viene presentata (scusate perchè riproduco testi in
    inglese ma i documenti è meglio che siano sempre originali – questo vale anche per i documenti
    relativi a prestazioni di impianti) :
    Regulation no. 737/2003 on treatment of waste makes the local authorities responsible for
    collection, handling and treatment of municipal waste. In several municipalities there are operated
    cooperative (regional) waste treatment facilities. In the capital area of Reykjavik this is SORPA, a
    company owned by several municipalities (coveringaround 62 per cent of the total Icelandic
    population). SORPA also operates eight container parks and has bring-sites in city centres. The
    public and small operators can take a wide range of recyclable items to the bring sites free of
    charge. However, private individuals pay to drop off waste at the bring sites which is not collected
    by the municipalities, such as building waste, garden waste, rubbish arising during house purchase,
    waste associated with vehicle repairs, waste associated with pets, etc. From the bring sites, the
    material is taken to the collection and baling centre of SORPA in Gufunes where it is sorted for
    either recovery or disposal, typically for landfilling in Álfsnes. Larger companies may take their
    (bulky) waste directly to SORPA.
    Non ho trovato dati sulle raccolte differenziate nel loro insieme ma a giudicare dal livello (nel 2002)
    della raccolta degli imballaggi (v. tabella seguente) paragonabile alla situazione italiana (del 2002)
    possiamo ritenere la situazione vicina a quella nostra, “mediamente” non molto entusiasmante.
    Table 2 Consumption, recycling and recovery of packaging in Iceland in 2002
    Recovery Recycling Consumption
    Actual Target Actual Target
    Packaging
    type
    2002
    (tons)
    2002
    (tons)
    (%)
    2001
    (%)
    2008
    (%)
    2002
    (%)
    2001
    (%)
    2008
    (%)
    Glass 6.452 3.476 53,9 – – 3.476 53,9 15* 60*
    Plastic 19.333 2.353 12,2 – – 1.628 8,4 15* 22.5*
    Paper/board 19.003 3.048 16,0 – – 2.323 12,2 15* 60*
    Composites 2.632 839 31,9 – – 114 4,3 – –
    Metal 1.212 498 41,1 – – 498 41,1 15* 50*
    Timber 7.473 7.068 94,6 – – 7.065 94,5 15* 15*
    Total 56.105 16.558 29,5 50- 60** 15.104 26,9 25- 55-
    65** 45** 80**
    * minimo
    ** media
    Fonte: Environmental Supervision Division – Environment and Food Agency of Iceland (Umhverfisstofnun,
    UST) – gennaio 2006
    4
    Attualmente il 71 % dei rifiuti islandesi finisce in discarica, il 2,7 % finisce in inceneritori, il 25,6 %
    va al recupero (ma viene incluso anche il recupero energetico e non ho dati che distinguano
    riciclaggio e “recupero energetico”), lo 0,8 % va ad “altri trattamenti”.
    3. Alcuni aspetti relativi al processo e agli aspetti ambientali di impatto
    Una prima stranezza, ad avviso di chi scrive e come già accennato, è l’utilizzo di rifiuti tal quali
    ovvero indifferenziati senza alcun trattamento (così si dichiara) per eliminare parti non
    “gassificabili” (metalli, vetro, inerti) e per ridurre e omogeneizzare la pezzatura dei rifiuti. E’ noto
    infatto che gli impianti di gassificazione vengono proposti quasi esclusivamente per rifiuti con una
    certa omogeneità come ad esempio biomasse specifiche, rifiuti di derivazione agro-industriale,
    CDR (qualche eccezione vi è come, ad esempio, il fallimentare processo Thermoselect), rifiuti
    industriali (ciclo della raffinazione) ecc.
    Per la precisione nelle slides di Energo si parla di “rifiuti solidi urbani anche non selezionati” quasi
    a indicare una eccezionalità nella assenza di pretrattamenti del rifiuto (il che, come è noto, vuol dire
    partire da avere a disposizione una quantità di rifiuti prodotti da una determinata area ben superiore
    a quella poi avviata all’impianto di combustione).
    Il processo descritto nei documenti è un tipico processo di gassificazione, il rifiuto solido viene
    riscaldato dall’esterno, in gran parte si converte in syngas in una atmosfera a basso contenuto di
    ossigeno (ma non abbastanza basso da innescare processi di pirolisi).
    Le “macchine” utilizzate per una certa semplicità e la piccola dimensione , rappresentano la novità
    di maggiore interesse.
    Purtroppo non viene indicato alcun dettaglio sulla reale composizione del gas (oltre alla ovvia
    indicazione che i principali composti sono monossido di carbonio, idrogeno, metano), aspetto che –
    per una valutazione dei possibili impatti e della loro entità – è imprescindibile.
    A questo punto, per questo aspetto, dovrei fermarmi in quanto le affermazioni conclusive circa la
    riduzione (peraltro espressa solo in termini di fattori e non di concentrazione come qualunque
    tecnico serio farebbe) delle emissioni rispetto a un inceneritore richiedono al lettore solo una
    professione di fede e non un approccio tecnico.
    Evidemente i tecnici che hanno viaggiato fino all’Islanda non sono riusciti a “portare a casa” (o
    non l’hanno ancora resa disponibile) idonea documentazione sul ciclo e sulle sue prestazioni.
    Per l’esattezza, nella documentazione disponibile, si dichiara che il contenuto nel syngas (prima
    della combustione e prima dei sistemi di depurazione del gas) di contaminanti (polveri, metalli,
    acido fluoridrico, anidride solforosa, ossidi di azoto, diossine e furani) si riducono di diversi fattori
    rispetto alle emissioni (dopo la combustione e dopo i sistemi di abbattimento fumi) dei rifiuti
    avviati a incenerimento.
    Addirittura sarebbero “ridotto” (lo ripeto già nel syngas e non nei fumi emessi) anche un
    componente combustibile volutamente prodotto nel processo di gassificazione per la successiva
    combustione ovvero il monossido di carbonio (“più della metà” rispetto a un inceneritore, si
    dichiara, il che dovrebbe – in base alla normativa europea e nazionale – essere inferiore a 25
    mg/Nmc).
    Ripeto che non viene presentato (sic !) nulla in termini di esatta (media) composizione del syngas
    (magari, se non è pretendere troppo, anche in relazione ai diversi rifiuti che possono essere
    gassificati), pertanto è difficile presentare note ma, di fronte a tale affermazione sul monossido di
    carbonio si rimane sorpresi. Il monossido di carbonio è uno dei principali componenti del syngas e
    se è davvero presente in una concentrazione di solo 25 mg/Nmc o il syngas sarebbe ben poco
    combustibile o sarebbe un combustibile idoneo per la NASA (nel caso in cui la ridotta presenza di
    5
    monossido di carbonio sia compensata da elevate concentrazioni di metano e soprattutto idrogeno
    ma si brancola nel buio).
    Non ho trovato – nei documenti disponibili – indicazioni sul potere calorificio del syngas utili per
    meglio capire quali siano le applicazioni utilizzabili (e i relativi rendimenti) per l’utilizzo energetico
    (nel caso della gassificazione ad aria, come quella proposta, si rischia di ottenere un syngas con un
    potere calorifico basso rispetto a macchine energetiche con caratteristiche di rendimento
    interessanti).
    Si segnala che in letteratura vengono riportati poteri calorifici inferiori del syngas da rifiuti urbani
    tra 4 e 10 MJ per metrocubo (a fronte, per esempio, dei 35-39 MJ/mc del gas naturale).
    Valori così bassi per il syngas rappresentano una limitazione per quanto concerne il successivo
    utilizzo energetico e il relativo rendimento (se non ci credete venite vicino a casa mia, a Legnano,
    ove la municipalizzata AMGA ha un piccolo impianto a ciclo combinato dove il syngas prodotto da
    residui esclusivamente legnosi viene miscelato a gas naturale e il risultato non è stato
    entusiasmante).
    Insomma, le relazioni tecniche, almento sotto un profilo chimico e termochimico, sono palesemente
    inadeguate per farsi un’idea adeguata del processo, dei prodotti ottenuti e degli impatti ambientali
    connessi.
    Tenuto conto che la caratteristica principale degli impianti di gassificazione è quella (ove vi è un
    utilizzo energetico diretto del gas prodotto) di una combustione “indiretta” o meglio differita
    rispetto alla vera e propria fase di trattamento dei rifiuti, da ciò consegue, sotto il profilo delle
    prestazioni ambientali della “macchina” ha maggiore importanza, rispetto agli inceneritori a
    combustione diretta, la composizione e il trattamento del gas una volta prodotto e prima dell’avvio a
    combustione per la produzione di energia termica/elettrica in quanto gli impianti di combustione di
    gas non sono dotati, di norma, di particolari sistemi di abbattimento delle emissioni (sul genere
    degli impianti termoelettrici a ciclo combinato a gas naturale).
    Posso però affermare tranquillamente, sulla base della letteratura disponibile, che nel confronto tra
    un impianto di incenerimento “tradizionale” (con forno a griglia idoneo per rifiuti disomogenei) un
    impianto di gassificazione di qualunque genere presenta alcuni noti aspetti concorrenziali che
    possono essere anche apprezzati di più nel caso di impianti “compatti” come quello proposto, e
    principalmente:
    – il ridotto utilizzo di aria determina una concentrazione di ossidi di azoto nelle emissioni di
    combustione del syngas tendenzialmente inferiori (l’entità è tutta da verificare);
    – dover trattare non dei fumi di combustione ma un gas prima del suo utilizzo termico per
    eliminare i composti indesiderati determina una maggiore semplicità, una riduzione delle
    grandezze dei sistemi e , nel complesso, un maggiore rendimento di abbattimento rispetto a
    un inceneritore tradizionale (nel contempo il sistema di depurazione può diventare così
    complesso da azzerare i potenziali vantaggi rispetto all’incenerimento);
    – spesso queste prestazioni ambientali, tendenzialmente migliori della gassificazione, ove il
    paragone non si limita alle due macchine inceneritore-gassificatore ma al ciclo di
    smaltimento, vengono “compensate” almeno in parte in termini di impatti relativi alla
    “produzione” di un rifiuto con caratteristiche chimico-fisiche che si presti meglio a essere
    sottoposto a gassificazione rispetto al rifiuto urbano “tal quale”;
    – inoltre che le condizioni di gassificazione siano tali da non favorire (nella produzione del
    syngas) la sintesi di sostanze cloroorganiche è plausibile e già conosciuto, il problema è
    l’entità di riduzione della presenza anche di precursori nella fase di purificazione del syngas
    in quanto la fase successiva di combustione avviene con macchine senza particolari (o in
    assenza totale) sistemi di abbattimento dei fumi in quanto si ritiene sufficiente la
    combustione quasi completa del syngas come forma di tutela ambientale (ovvero di
    6
    emissioni solo di CO2, CO, Ossidi di azoto). Prevedere una fase di “dissociazione
    secondaria” ovvero un riscaldamento ulteriore a 1.100 °C per rompere le molecole
    persistenti indesiderate non è una garanzia assoluta (come sanno bene anche i produttori di
    inceneritori) di azzeramento della possibilità di riformazione dei composti cloroorganici in
    una sezione del processo a temperature e condizioni favorenti la riformazione di diossine e
    altre sostanze indesiderate (anche perché se tale fase di dissociazione non è “associata” a
    una fase di sequestro delle sostanze indesiderabili come il cloro l’effetto sulle emissioni non
    potrà essere che parziale). Per esempio nella documentazione disponibile si afferma che il
    cloro viene sequestrato dalle possibili reazioni con anelli benzenici (uno dei meccanismi di
    formazione delle diossine/furani) tramite la sua conversione ad acido cloridrico ma poi non
    si dice dove finisce questo acido cloridrico, se finisse direttamente alla combustione in
    turbina prima di aver problemi di diossine si avrebbe il problema di una turbina piena di
    “buchi” dovuti all’ambiente fortemente acido e corrosivo.
    Si insiste : NON sono presentate idonee campagne di misurazione ove si dia conto – a partire dalle
    caratteristiche del rifiuto alimentato – della composizione del syngas nelle diverse fase del processo
    e della composizione dei fumi di combustione nella fase di utilizzo del syngas.
    4. Un progetto analogo
    Del tutto casualmente rispetto alla discussione in atto mi è arrivato in mano un progetto (o meglio
    una relazione illustrativa di un progetto cui un comune, nonostante le carenze documentali, ha già
    dato un assenso alla realizzazione nel migliore spirito del “cretinismo parlamentare” di leniniana
    memoria) molto simile.
    L’azienda è la Economic Power Plant & Management, della Svizzera, e per illustrare il suo
    impianto fa riferimento a realizzazioni in Alaska (città di Barrow) già nel 1988 a livello
    sperimentale e poi con una capacità industriale (sul web sono disponibili anche furenti comunicati
    del comitato locale e segnalazioni relative anche ai frequenti problemi di funzionamento
    dell’impianto a livello industriale).
    Lo schema processuale è analogo a quello indicato e comprende anche la parte di utilizzo
    energetico.
    L’impianto si basa su celle di gassificazione, con parametri di temperatura e tempi quasi identici a
    quello islandese, quindi il gas prodotto passa a una camera ove viene trattato a una temperatura tra
    900 e 1.500 °C , il gas viene poi raffreddato e avviato alla turbina per la trasformazione in energia
    elettrica e energia termica.
    Il processo viene presentato come idoneo per una ampia gamma di rifiuti incluso quelli urbani
    indifferenziati.
    Vengono presentati dei valori di emissioni medie e indicazioni su diversi test in cui, la fanno da
    padroni pacchiani errori e indicazioni di emissioni paragonabili a quelle degli inceneritori (ad
    esempio si dichiara che il limite europeo per le diossine è 10 nanog/Nmc anziché 0,1 nanog/Nmc e
    poi, in una tabella, che le emissioni medie del gassificatore per queste sostanze sono pari a 0,553
    nanog/Nmc – palesemente oltre il limite europeo per gli inceneritori – e in una altra parte della
    relazione invece si riporta un grafico con indicazioni di 33 test sulle emissioni di diossine che
    variano dalla non rilevabilità a valori poco al di sotto di 0,1 nanog/Nmc).
    Vengono inoltre presentati valori di emissione inferiori alla normativa europea per gli inceneritori
    ma superiori (nel caso degli ossidi di azoto) in diversi casi a quelli ottenibili e ottenute con le
    B.A.T. per gli inceneritori.
    Le emissioni di polveri vengono indicate – mediamente – intorno ai 4 mg/Nmc, il valore è
    paragonabile a quello raggiunto da moderni inceneritori (il limite giornaliero europeo/italiano è 10
    mg/Nmc) e non corrisponde certo a un fattore 100 di riduzione come indicato per l’analogo
    impianto islandese.
    7
    Vengono riportati i risultati di test sulle ceneri prodotte (anche in quel progetto indicate come
    “inerti”) per un numero di sostanze limitato (e con test di eluizione che non è chiaro quanto siano
    confrontabili con le norme europee per l’accettazione in discariche per rifiuti non pericolosi ovvero
    del DM 3.08.2005) con alcuni parametri pari o al di sopra (Cadmio, Arsenico) di quelli vigenti in
    Italia e in europa per lo smaltimento in discariche per rifiuti non pericolosi.
    Anche sotto il profilo della classificazione (europea) dei residui dalla gassificazione le affermazioni
    sulla loro innocuità non appaiono documentate e certe (rimango in attesa di documentazione idonea,
    ovvero di copie di certificati analitici svolte da enti indipendenti dal realizzatore e gestore
    dell’impianto di Husavik, per una riconsiderazione della questione).
    Tornando alle emissioni, per completezza, riporto una tabella di fonte ENEA che confronta le varie
    opzioni di combustione dei rifiuti in cui le emissioni non sono così elevate tra i diversi sistemi..
    Tabella 2.3 – Emissioni da trattamento termico di rifiuti e limiti normativi
    Pirolisi / Gassificazione Incenerimento Direttiva
    Inquinante Unità RU / CDR Rifiuti Speciali 2000/76/CE
    Polveri mg/Nm3 2-13 5-9 1-10 10
    TOC mg/Nm3 2 1,6 < 5 10
    HCl mg/Nm3 1-20 5-10 10
    HF mg/Nm3 0,1-3 < 0,5 1
    SO2 mg/Nm3 5-15 80-175 10-50 50
    NOx mg/Nm3 70-300 60-116 70-150 200
    CO mg/Nm3 2,5-94 10-50 50
    Hg mg/Nm3 <0,01-0,07 <0,05 0,01-0,05 0,05
    Cd + Tl mg/Nm3 <0,01-0,2 <0,05 < 0,02 0,05
    Metalli Pesanti mg/Nm3 2,2 0,54 < 0,5 0,5
    PCDD/PCDF (FTE) ng/Nm3 <0,02-1,2 < 0,1 0,1
    Fonte: Rifiuti –Bollettino di informazione normativa, n. 103 – gennaio 2004.
    5. Una alternativa all’inceneritore o un inceneritore alternativo ?
    Da ultimo mi sembra che la “compatibilità” di un impianto di gassificazione con la raccolta
    differenziata può essere attribuita più ad un effetto scala che ad altro (impianto piccolo, minore
    difficoltà di accettazione, minore concorrenza con altre forme gestionali).
    Un impianto di gassificazione (come quello segnalato ma anche altri operativi e progettati) si
    caratterizza per la sua “compattezza” ovvero la possibilità di dimensioni fisiche e di capacità di
    trattamento limitate con costi di investimento relativamente non elevati, cosa impossibile nel caso
    degli inceneritori in cui la necessità di avere grandi e complessi sistemi di trattamento fumi
    spingono necessariamente su taglie impiantistiche elevate (minimo oramai assestato a 300 t/g).
    Quanto sopra, per memoria, implica anche – limitatamente alla questione emissioni e ricadute – che
    la gran parte degli impatti sarà anch’essa locale in quanto i punti di emissioni di tali impianti sono a
    pochi metri di altezza sul piano campagna.
    Di contro gli impianti di gassificazione (riportando quanto presente in letteratura) presentano
    problemi circa la messa a punto di tecniche e sistemi di pretrattamento e alimentazione dei rifiuti, di
    depurazione spinta del syngas, di conversione del gas in energia con efficienza elevata – non sempre
    8
    è possibile realizzare cicli combinati con turbina a gas e turbina a vapore – in relazione a
    caratteristiche del gas non ottimali per il loro impiego e gli alti costi endogeni del sistema.
    A proposito di energia, a Husavik l’80 % dell’energia elettrica viene fornita da un impianto
    geotermico (Kalina Cycle della società X-Orka/X-Energy) da 2,1 MWe a sud della città e attivo dal
    2000 che presenta alcune particolarità tecniche per un maggior rendimento di conversione (utilizzo
    di fluido “di lavoro” costituito da una soluzione di ammoniaca anziché vapore acqueo ottenendo il
    20 % di rendimento rispetto a quello di un normale ciclo Rankine). Così viene descritto (scusate
    ancora l’inglese).
    A 1.6 MWe geothermal Kalina cycle started operation as a municipal power plant in Húsavík, Iceland, in 2000.
    The ammonia-water cycle decreases the temperature of the geothermal brine stream from 121 °C to 80 °C and
    the remaining energy in the stream is used for heating purposes, for example district heating. The plant
    components, plant operation and safety features are presented by Mirolli et al. (2002). The plant design and
    economics, compared with an organic Rankine cycles, are described by Leibowitz and Mlcak (1999).
    Valdimarsson (2002) simulated different power cycles for the conditions in the Húsavík plant. An ammoniawater
    cycle had approximately 20 % higher power output compared with an organic Rankine cycle and a steam
    flash cycle. The Icelandic company X-Orka has the license for the Kalina cycle in Europe and markets the cycle
    for power generation from low-temperature heat sources, for example geothermal energy and waste heat
    (Húsavík Energy, 2003).
    There is a Kalina cycle at the Sumimoto Metals Kashima steelworks in Japan (Sumimoto Metals, 2003). The
    plant, constructed by Ebara, generates 3.1 Mwe from 98 °C cooling water (Exergy, 2003). In addition, Ebara has
    constructed a Kalina cycle demonstration plant that operated in 1999 and 2000 at a refuse incineration plant in
    Fukuoka, Japan. Here, the Kalina cycle acted as a bottoming cycle to a waste-fired steam cycle. The working fluid
    in the Kalina cycle was evaporated in the steam cycle condenser and superheated by a fraction of the exhaust gas
    from the waste incinerator. The Kalina cycle was simplified, for example by removing the separator, to reduce
    the cost for small-scale power generation. The design power output of the Kalina cycle was 2.6 MWe and the
    maximum pressure and temperature were 39 bars and 294 °C (Furuya and Mori, 2001a). The demonstration
    plant was also used for heat exchanger evaluation (Furuya and Mori, 2001b).
    At the Waseda University in Japan, there is an experimental ammonia-water cycle. The ammonia-water cycle
    works as a bottoming cycle to a steam cycle that in turn is a bottoming cycle to a gas turbine. The ammoniawater
    cycle, that can generate 60 kWe, is driven by low-pressure steam from the steam cycle. The system
    also includes an ammonia-water refrigeration cycle. The purpose of the plant is to investigate systems for
    distributed cogeneration of power and hot and cold water. Takeshita et al. (2002) and Amano et al. (2001)
    presented results from the experimental plant. (Fonte : Advanced Power Cycles with Mixtures as the
    Working Fluid – tesi di dottorato presentata al Department of Chemical Engineering and Technology,
    Energy Processes Royal Institute of Technology Stockholm, Sweden, 2003).
    Dalla parte evidenziata in rosso emerge che la multinazionale giapponese Ebara (specializzata in
    grandi impianti di gassificazione anche di rifiuti) avrebbe costruito un impianto dimostrativo in
    Giappone in cui il vapore prodotto dal ciclo geotermico era evaporato nel condensatore del vapore
    del ciclo termico dell’inceneritore (incrementando il rendimento di conversione dell’energia) e
    surriscaldava parte dei fumi della combustione dei rifiuti (suppongo con un qualche effetto di
    abbattimento che mi sfugge, forse per evitare la condensazione di metalli e polveri nelle sezioni
    dell’impianto prima della emissione dei fumi).
    Con riferimento all’impianto “Kalina” forse i tecnici, al loro prossimo viaggio da quelle parti,
    potrebbero portare notizie anche di quell’impianto, visto che la produzione geotermoelettrica è
    importante anche in Toscana.
    Tra l’altro la presenza di tale impianto geotermico ha spinto la multinazionale dell’alluminio Alcoa
    a progettare la realizzazione di un nuovo impianto di fusione ad Usavik da 250.000 t/a.
    9
    Forse il santuario delle balene (così Greenpeace ha definito il mare antistante quella parte
    dell’Islanda) avrà qualche problema in futuro …..
    Viceversa, girovagando sul web, ho scoperto che Husavik ha un’altra particolarità (direi quasi
    unicità) sulle questioni relative ai rifiuti.
    Nel 2001 il Sindaco di Husavik Reinhard Reynisson (non so se è ancora in carica) ha proposto
    l’importazione di coccodrilli (avete lette bene, coccodrilli) per la gestione dei rifiuti delle aziende di
    lavorazione del pesce. Proprio grazie alla energia geotermica dell’impianto Kalina ovvero al calore
    a bassa temperatura ancora disponibile dopo la trasformazione energetica, sarebbe possibile
    realizzare delle lagune di acqua a temperatura idonea, creando pertanto un habitat adeguato anche
    se a una latitudine “naturalmente” impossibile per questi rettili che verrebbero nutriti con gli scarti
    della industria del pesce (suppongo con relativa previsione di sviluppo di una industria della pelle e
    annessi).
    L’idea è stata ripresa da un “impianto di smaltimento a coccodrilli” esistente in Colorado.
    Non sappiamo se questa particolare idea sia stata attuata ma possiamo chiedere ai nostri tecnici, nel
    prossimo viaggio, di raccogliere informazioni a tale proposito.
    Direi comunque, a questo punto, che si apra una discussione nel forum sulla idoneità e accettabilità
    alternativa dell’impainto “coccodrillatore” come tecnologia alternativa all’incenerimento (e alla
    gassificazione) dei rifiuti (magari, visto che siamo in Italia, possiamo accettare anche altri animali,
    potremmo per esempio potenziare le possibilità di recupero dei rifiuti in particolare negli
    allevamenti suini …..).
    Scusate qualche passaggio noioso come pure di qualche battuta di troppo non so quanto efficace,
    ma sono un po’ stanco di seriose discussioni che si avvolgono su sé stesse e alla fine non si capisce
    più quale fosse l’origine.
    Cordiali saluti a tutti.
    Marco Caldiroli
    10

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  4. Ovviamente in materia di trattamento a caldo dei materiali gli ambientalisti integralisti si muovono come pesci nell’acqua, sparando quello che gli pare a ruota libera.
    In Germania, paese notoriamente poco ambientalista (guarda caso è uno dei pochi paesi in Europa già in regola con le norme Europee sull’obbiettivo “discarica zero”), sono attivi impianti di trattamento di rifiuti indifferenziati basati sulla tecnologia pirolitica. Uno di questi funziona a Burgau dal 1986, ed in internet sono disponibili i dati sulle emissioni dell’impianto, misurate in continuo e comunque secondo le normative vigenti, che mostrano risultati esattamente opposti a quelli indicati dal vostro concittadino.
    Ad esempio la diossina è pari all’1,3 % del limite ammissibile!
    Viva la pirolisi (o dissociazione molecolare che dir si voglia)!

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  5. ehm…
    è questo il pirolizzatore di burgau?
    http://www.endswasteandbioenergy.com/article/1316674/germany-bavarian-pyrolysis-plant-close
    GERMANY: Bavarian pyrolysis plant to close
    Müllpyrolyseanlage Burgau, the 2.2MWe waste pyrolysis plant in Günzburg, Bavaria, is to be shut down by the end of 2015. The local council, its owners and operator, considers the operations and maintainance costs to be too high for local waste fee payers to bear. Char disposal is also problematic. Opened in 1984, the plant handles around 38,000 tonnes / year of waste. Most of this is municipal, with some commercial waste and sewage sludge. Waste heat is used by a horticultural greenhouse.

    GERMANIA: impianto di pirolisi bavarese sta per chiudere
    Müllpyrolyseanlage Burgau, l’impianto di pirolisi dei rifiuti 2.2MWe a Gunzburg, Baviera, deve essere chiuso entro la fine del 2015. Il consiglio comunale, i suoi proprietari e operatori, considera le operazioni e costi di manutenzione troppo elevati per i contribuenti locali, con una tassa rifiuti troppo alta da sopportare. Anche lo smaltimento del carbone di risulta è problematico. Inaugurato nel 1984, l’impianto gestisce circa 38.000 tonnellate / anno di rifiuti. La maggior parte di questi rifiuti è comunale, con un po ‘di rifiuti e fanghi di depurazione commerciale. Il calore residuo viene utilizzato da una serra orticola.

    Se hanno difficoltà loro, i tedeschi, che notoriamente sono più intelligenti, mi domando noi italioti con la mafia come faremo.
    Saluti,
    e tanti auguri.

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