Il Premio Pettoruto e la legalità.

A cura della Segretaria del Concorso, Maria Pina Aragona

Il “Premio Pettoruto”, quest’anno, rende omaggio al Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. “Già strenuo combattente, quale altissimo Ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, della criminalità organizzata, assumeva anche l’incarico, come Prefetto della Repubblica, di respingere la sfida lanciata allo Stato Democratico dalle organizzazioni mafiose, costituenti una gravissima minaccia per il Paese. Barbaramente trucidato in un vile e proditorio agguato, tesogli con efferata ferocia, sublimava con il proprio sacrificio una vita dedicata, con eccelso senso del dovere, al servizio delle Istituzioni, vittima dell’odio implacabile e della violenza di quanti voleva combattere“.
Queste parole, con cui il Generale Dalla Chiesa venne insignito della Medaglia d’Oro al valor civile alla memoria, ed il libro “Un papà con gli alamari” che regala attraverso gli occhi dei suoi figli il ritratto privato del papà Carlo Alberto e, insieme, dell’eroe, hanno costituito spinta ulteriore per la dedica.
Toccanti e d’ispirazione sono state, viepiù, le considerazioni della figlia Simona, rilasciate in una intervista su Famiglia Cristiana.
Alla domanda: “Gli eroi martiri sono un’asticella altissima anche per un figlio?”, Simona risponde: «Sì, ma l’esempio non può essere solo quello estremo di sacrificare consapevolmente la vita per dovere: l’obiettivo che mi pongo è seguire e trasmettere il rispetto delle regole. Se più persone rinunciassero alle scorciatoie per raggiungere i propri obiettivi per le vie lineari dell’onestà, forse non avremmo più bisogno dei martiri».
Una risposta questa che racchiude in poche righe il grande senso di legalità trasmessole dal padre.
Ed è proprio la legalità il tema, ormai noto, che il bando concorsuale del “Premio Pettoruto”, con scadenza prorogata al 21 aprile, chiede ai partecipanti di sviluppare.
Una tematica ardua ma, come sostiene l’ideatrice del Concorso Giovanna Daniele: “necessaria a rompere gli steccati aridi dei silenzi, ad abbattere quei limiti mentali che appiattiscono il senso della giustizia, che tolgono ossigeno alla speranza e che ingrassano i terreni dell’indifferenza, della rassegnazione e della sudditanza piegando e stralciando le nostre coscienze. Perché, non rivendicare abusi, usi, torti subiti, mancate libertà, violenze, perché non denunciare la recrudescenza dei nostri sistemi, che originano tali calamità sociali!?”
Con l’auspicio che arrivino tante testimonianze e ringraziando gli autori di quelle già giunte, gli Organizzatori invitano ancora una volta a riflettere insieme e a scrivere insieme fino al 21 aprile.

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