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SFILATA DAL MONDO Il costume Llambador – Spezzano Albanese – Lunedì 3 Settembre 2012

Di Cesare De Rosis

L’abito tradizionale albanese è un bene culturale da valorizzare, promuovere e tutelare.
Quando si parla di vesti tradizionali si pensa subito a quelle femminili: ciò è tanto più vero per quanto riguarda la cultura arbëreshë dove l’abito maschile ha perduto ben presto le proprie specificità assimilandosi a quello dei calabresi. Nelle rappresentazioni odierne in cui sono usati gli abiti tradizionali arbëreshë gli uomini usano quelli tradizionali albanesi oppure quelli calabresi: giacca corta di velluto, pantaloni dello stesso materiale stretti dal ginocchio in giù, lunghe calze di lana e scarpe allacciate sino al ginocchio.
I costumi femminili arbëreshë sono invece molto più elaborati e ricchi, realizzati in seta e raso e con vistosi ricami in fili d’oro e d’argento: la loro sfarzosità ha fatto ipotizzare che fossero in origine delle vesti signorili indossate solo dai nobili. Un’asserzione non molto convincente. In ogni caso il vestito era la cosa più importante e preziosa per una donna italo-albanese, perché la accompagnava nei momenti più significativi della propria vita.
Il vestito della festa (o di gala) è senza dubbio il più fastoso ed elaborato nonché il più raro: oltre ad essere indossato per le nozze, per le feste religiose (come le “Vallje”, la Domenica di Pasqua o il giorno di Natale) veniva sovente anche utilizzato per dare una degna sepoltura alla donna. Si caratterizza anzitutto per una camicia bianca con merletti e caratterizzata da un’ampia scollatura che viene coperta da un panno di tulle e lino. Attorno al collo si intrecciano preziose collane. La parte superiore del costume di gala arbëreshë è completata dallo “Xhipuni”, un corpetto azzurro con lamine in oro ed ampi ricami, e dal “Pani”, uno scialle in raso ricamato anch’esso con filo d’oro. La parte inferiore era costituita anzitutto da una sottana su cui è posta la gonna vera e propria, la “Kamizolla”, di raso setato, di un colore vario colore Continua a leggere

La Lira nel 150° anniversario dall’Unità d’Italia.

Di Cesare De Rosis

Se c’è ancora qualcuno che custodisce gelosamente le vecchie lire e vuole continuare a tenerle per sé come ricordo sarà probabilmente contento. Ma se c’è invece qualche ritardatario cronico che sperava di avere ancora tempo per convertire in euro la nostra amata lira, allora dovrà ricredersi e togliersi dalla mente ogni possibile pensiero al riguardo. Ennesima delusione. Sì, perché la manovra varata dal governo Monti va a colpire anche il nostro vecchio e tanto rimpianto conio. Con la manovra Monti gli italiani hanno dato l’addio definitivo a monete e banconote in lire. Lo dispone l’articolo 26 del decreto legge 201 (entrato in vigore il 6 dicembre), che ha sancito la prescrizione con decorrenza immediata delle vecchie lire ancora conservate nel nostro Paese. Secondo le prime stime, sarebbero quasi 300 milioni le banconote (2500miliardi del vecchio conio) non convertite in euro e che ora rappresentano un ingente tesoretto per il governo. È venuta meno, dunque, la possibilità garantita precedentemente di cambio fino al termine stabilito del 29 febbraio 2012, presso le filiali territoriali della Banca d’Italia. Insomma a contribuire per salvare l’Italia dalla crisi ci ha pensato pure la vecchia moneta. L’ultima buona azione della moneta che ha accompagnato gli italiani per decenni sarà quella di Continua a leggere

La Sedes Sapientiae di Tino da Camaino: un esempio delle sue derivazioni.

Di Cesare De Rosis

I moderni mezzi informatici ci permettono, senza dubbio, di darci una risposta ad alcuni interrogativi effettuando alcune ricerche in poco tempo. Il frutto della ricerca mediante l’internet ovviamente non può mai dirsi esaustivo per realizzare un lavoro con criteri scientifici se poi non si approfondisce l’argomento col materiale librario o, se trattasi di ricerca storica, con le fonti archivistiche.
Questo preambolo, per evidenziare che, mentre effettuavo una ricerca, mi è capitato di rintracciare un’immagine di Madonna col Bambino del XV secolo molto interessante che si conserva a Teramo. Il presente contributo è un ulteriore tassello, anche se a latere, circa un discorso che ho condotto sulla Madonna delle Grazie di Spezzano Albanese.
Agli albori della mia ricerca fui tentato, per svariate ragioni, di accostare la Madonna di Spezzano alla Sedes Sapientiae di Tino da Camaino[1]. A studio più approfondito, tale apparentamento è oggi da ritenersi meno probabile  malgrado alcuni innegabili tratti iconografici comuni alle due opere. Nella Madonna di Tino si notano Continua a leggere

Mostra di Icone a Spezzano Albanese nel mese di Ottobre: Espone Antonio Gattabria

Di Cesare De Rosis

Si terrà dal 17 al 28 ottobre 2011 presso la Biblioteca civica “Giuseppe Angelo Nociti” in Spezzano Albanese una mostra di icone realizzate da Antonio Gattabria. Scrive bene Mario Gaudio quando dice che Gattabria utilizza in effetti le affascinanti tecniche tradizionali greche caratterizzate dall’uso di pigmenti naturali, tavole pregiate e, soprattutto, apposite preghiere tipiche dell’antica iconografia bizantina.
Avendo redatto la mia tesi di laurea specialistica in Storia dell’arte bizantina e, avendo dedicato un lungo capitolo ai neo-iconografi, non avrei potuto non annoverare Gattabria se al tempo non fosse stato agli albori. Non avremmo immaginato che la sua perizia e meticolosità, a cui fa da base una straordinaria maestria, raggiungesse vette così alte. Una mostra che precede quella che si sta anticipando in questa sede è stata allestita  a San Costantino Albanese dal 7 al 22 agosto presso l’Etnomuseo della civiltà contadina arbëreshe. L’esposizione portava il seguente titolo: “L’icona immagine dell’Invisibile”.
Tra le tavole esposte si annoverano le immagini dei Santi Medici Cosma e Damiano, S. Giovanni Battista, S. Nicola di Myra, S. Costantino il Grande, S. Barbara e le immancabili icone della Vergine Orante, del Nymphios e del Mandyllion. L’icona, dicono i greci, è “deuteròtypos toù prototypoù”, cioè “riflesso della realtà di Dio”, perchè essa dà all’immagine una Continua a leggere

IL RUOLO DEI CATTOLICI DAL RISORGIMENTO AD OGGI*

Di Cesare De Rosis

Relazione letta nel Convegno di studi sul tema “Il sud e l’Unità d’Italia” tenutosi il  30/4/2011 presso la Biblioteca comunale di Spezzano Albanese.

Pio IX

Il processo dell’unificazione politica dell’Italia – iniziato nel 1859 con quella che fu chiamata la “seconda guerra d’indipendenza”, con l’annessione della Lombardia al Regno sabaudo, e concluso nel 1918 con “grande guerra” e l’annessione del Trentino e della Venezia Giulia – ha trovato nel Cattolicesimo italiano contemporaneamente un ostacolo politico (l’esistenza del millenario “Stato pontificio” a Roma e nel centro della penisola) ed un vitale apporto di principi e di valori. A cominciare dai valori fondanti del Continua a leggere

Ultimo atto, RELATIVISMO: Après moi le déluge

Di Cesare De Rosis

Forte, non facile, ampio, sottile quanto serio è un problema, quello del relativismo, che attanaglia il nostro Occidente.
E’ sicuramente un discorso su cui si potrebbe a lungo argomentare, visto che molteplici e consistenti sono state le voci, senza ombra di dubbio più autorevoli della mia, che hanno focalizzato la questione.
Scrittori e studiosi di un certo calibro vedono, a ragione, nel relativismo un autentico “cavallo di Troia” all’interno della fortezza assediata dell’Occidente.
Papa Benedetto XVI si è lamenta spesso che “la mentalità edonistica e consumistica predominante favorisce Continua a leggere

I CATTOLICI NELL’ITALIA DI OGGI. Conclusa la 46 settimana sociale

Di Cesare De Rosis

La ricerca del bene comune deve costituire il riferimento sicuro per l’impegno dei cattolici in politica, afferma il Papa. Il richiamo di Benedetto XVI arriva all’Angelus in Piazza San Pietro, al termine della solenne messa per la canonizzazione di sei nuovi santi il 17 ottobre 2010. Il Papa salutava i 1200 delegati che a Reggio Calabria hanno concluso la 46.ma settimana sociale dei cattolici italiani, alla quale hanno partecipato anche parlamentari cattolici dei diversi partiti italiani. Non ho avuto modo, e questo mi è dispiaciuto, di prendere parte a questo importante avvenimento per la terra di Calabria. I lavori sono ruotati attorno a una lista di problemi cruciali enucleati nel “Documento preparatorio”: alle sessioni plenarie si sono alternati  ampi momenti di dibattito tesi a declinare in concreto possibili piste da percorrere, avendo come obiettivo il bene comune e come strumenti la Dottrina sociale della Chiesa e Continua a leggere

GESU’ DI RATZINGER: Cristo della storia e Messia della Fede.

Di Cesare De Rosis

I giornali e i media hanno riferito in questi giorni che è in uscita  il secondo libro di Joseph Ratzinger su “Gesù di Nazareth” in cui si parlerà della sua Passione, Morte e Resurrezione.
Ebbene, avevo preparato qualche tempo fa un articolo sul primo volume del Papa inerente a questo argomento per la rivista “L’Aurora” (diretta da un mio amico)  che, però  poi non è più andato in stampa, per cui tali appunti rimasero inediti.
Moltissimi sono gli articoli e le recensioni sul testo “Gesù di Nazaret” (Rizzoli 2007) di Papa Benedetto XVI, che ha voluto consegnarlo al mondo non come un atto del suo magistero, ma semplicemente come uno studio personale nella ricerca del volto del Cristo, perciò voglio stendere soltanto poche note su un aspetto del libro che in qualche modo sfocia nell’insegnamento Continua a leggere

CI SI RITROVA NELL’INNO DI MAMELI

Di Cesare De Rosis

Un disegno di legge per regolare l’uso dell’Inno Nazionale nelle manifestazioni pubbliche. Ad annunciarlo il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che entrando all’Assemblea generale di Assolombarda ha anche esaltato la portata patriottica e nazionalista del “Va pensiero”, che però non è Inno della Nazione.
Perché l’idea di questo disegno di legge? Ebbene, pochi giorni fa si è verificato un episodio particolare: il Va’ pensiero al posto di Fratelli d’Italia per il governatore del Veneto Luca Zaia. E scoppia il caso. L’episodio è riportato da Continua a leggere

LA VITA E’ DONO DI DIO

Di  Cesare De Rosis

“Un neonato prematuro, sopravvissuto a un aborto effettuato a 22 settimane di gravidanza, e’ rimasto abbandonato un giorno intero senza alcuna cura”. Questa la drammatica sintesi di un fatto avvenuto a Rossano Calabro nei giorni scorsi.
Il cappellano dell’ospedale, dopo aver celebrato l’Eucaristia, ha casualmente, o meglio provvidenzialmente scoperto il fatto. Il sacerdote si è avvicinato al tavolo di metallo dove, in un fagottino di tela bianca, era stato deposto il feto di 22 settimane abortito da oltre quatto ore… e con orrore ha notato un movimento. Quando ha scostato il telo ha potuto constatare che il feto non solo non era morto, ma era ancora vivo, respirava e si muoveva, nonostante il cordone ombelicale non legato, il tempo trascorso dall’uscita dall’utero materno, e il freddo dell’aria condizionata, sempre Continua a leggere