Il culto di S. Antonio Abate in Spixana. Primi orientamenti di studio.

Di Cesare De Rosis

Antonio abate è uno dei più illustri eremiti della storia della Chiesa. Fu considerato il fondatore del monachesimo cristiano e il primo degli abati. Sant’Antonio è invocato in Occidente come patrono dei macellai e salumai, dei contadini e degli allevatori e come protettore degli animali domestici. Fu reputato essere potente taumaturgo capace di guarire malattie terribili. Solitamente è raffigurato con accanto un maiale che reca al collo una campanella. Alla sua iconografia si lega anche l’immagine del fuoco. I suoi discepoli tramandarono alla Chiesa la sua sapienza, raccolta in 120 detti e in 20 lettere; nella Lettera 8, s. Antonio scrisse ai suoi “Chiedete con cuore sincero quel grande Spirito di fuoco che io stesso ho ricevuto, ed esso vi sarà dato”.  Ma un altro motivo è il fatto che il taumaturgo veniva invocato anche per la guarigione dall’Herpes zoster, comunemente chiamato fuoco di Sant’Antonio: una malattia virale a carico della cute e delle terminazioni nervose.

Nella Chiesa di S. Luigi Gonzaga nello Scalo di Spezzano Albanese si venera S. Antonio Abate, e, in suo onore, i primi giorni di Ottobre d’ogni anno si tiene la tradizionale fiera i cui esordi si perdono nella notte dei tempi. E’ il consueto appuntamento con il folclore. La fiera in genere per funzionare egregiamente doveva essere in qualche modo un crocevia tra zone che potevano fornire merci di tipo diverso provenienti da lavorazioni e culture differenti. Lo scalo di Spezzano era un po’ una piccola crocevia. Già nel Medioevo le fiere si svolgevano nel corso di feste locali e re e principi concedevano l’esenzione da dazi e gabelle rendendo così più convenienti i prezzi delle merci vendute. La fiera di Ottobre, con i suoi rituali, come l’acquisto delle sardine, è un evento affascinante, atteso dagli abitanti di Spezzano e di tutto il circondario. Osservando la gente più anziana che si avvicina alla fiera si riesce a captare qualche dialogo di vendita, e si evince l’antica modalità del socializzare senza quell’ansia di vendere e comprare. (Cfr. C. De Rosis, Affascina sempre la tradizionale fiera d’Ottobre, in “Il Diario di Castrovillari”, Anno IX n.32 p. 9)

Era ed è, anche se ora con tono minore, il luogo della vendita degli animali.

Per la cultura contadina la festa del Santo (il 17 gennaio) apre il ciclo dell’anno ed è ancora un giorno fondamentale del calendario, che indica, oltre ai giorni dell’anno, anche le opere da compiere e i lavori da eseguire nelle campagne. 

Un tempo i contadini incuriositi, osservavano i cavalli, gli asini e i muli che venivano provati al traino di carri dalle ruote legate, per dare prova della loro forza e robustezza. Si curiosava anche intorno ai venditori di ornamenti per animali e di funi, di catene e di tende per raccogliere, di attrezzi di cuoio, di botti per contenimento vino, di fusti, di barili, di tini per la fermentazione del mosto e di scale di legno.

Nello stesso mandamento si conservano i ruderi dell’antico Castello di Sant’Antonio di Stridola o Stregola, eretto dai normanni di Roberto il Guiscardo. In origine in questo luogo sorgeva un’Abbazia benedettina, fortificata nel 1044 , venne successivamente occupata dagli Svevi. Fu feudo dei Sanseverino di Bisignano prima e degli Spinelli poi. Secondo alcuni studi i ruderi del castrum  attualmente chiamato  Scribla, con tracce di fortificazioni dell’XI secolo circa, sarebbe più antica in quanto  dagli scavi effettuati sembra essere stato frequentato anche anteriormente, ai tempi di Ottone I di Sassonia (962-973). Poco più avanti è un vecchio mulino che porta il nome di Sant’Antonio e da un documento di età sveva si rileva che i confini di Sant’Antonio di Stridula si estendevano da questa parte fino alla terra di Conca, in tenimento Sagittae, l’odierna contrada Saetta nel comune di Spezzano Albanese. In una carta latina del 1094 si ricorda la colonia di deportati saraceni, fatti prigionieri da Roberto il Guiscardo in Sicilia e qui accolti e si riferisce che, morto il Guiscardo, il duca Ruggero Borsa dona il castrum quod Stregola dicitur, unitamente a tutti i suoi vassalli, cristiani e saraceni, al monastero della Trinità, cioè all’abbazia di Cava. Nel 1276 il villaggio di Stridula  conta 210 abitanti e negli itinerari di Carlo d’Angiò risulta come palatium il che indica la sua perdita d’importanza come luogo fortificato. La vita del villaggio sembra spegnersi già nel XV secolo e nel 1531 si ricorda di esso una torre e yglesia la qual està ruinada…”. (cfr. F. Di Vasto, Storia ed archeologia di Castrovillari, ed. Prometeo 1995 E. Miraglia, Notizie storiche su Castrovillari, ed. Prometeo 1989).

In Spezzano Albanese paese il culto era ed è sentito cosicchè nella Chiesa di S. Maria di Costantinopoli, oltre l’affresco della navata centrale, si conserva altro simulacro del Santo.  Ritenuto, come dicevamo in apertura, il fondatore del monachesimo cristiano , la sua popolarità si deve soprattutto ai molti  racconti sulla sua vita narrate nella “Leggenda Aurea” di Jacopo da Varazze oltre che da Sant’Atanasio patriarca di Alessandria.  Si crede infatti che grazie  a  una di queste leggende, fra le più diffuse, il santo sia stato  raffigurato con un maialino ai piedi, un bastone a forma di Tau, una campanella e una fiammella in mano. “Si racconta che tanti secoli fa sant’Antonio viveva eremita nel deserto, vincendo, giorno dopo giorno, le tentazioni del diavolo con i più svariati trucchi. Con lui c’era un maialino che lo seguiva dappertutto. Allora non esisteva il fuoco sulla terra e gli uomini soffrivano un gran freddo.  Perciò, dopo aver discusso a lungo, i governatori dell’universo inviarono una delegazione  da sant’Antonio per pregargli di procurare il fuoco all’umanità. Il vecchio santo, col suo fedele porcellino, si recò dunque all’inferno per prendere una  fiammella: ma quando i diavoli videro che il visitatore era il santo, il loro peggior nemico, gli impedirono di entrare. Il maialino però si era intrufolato rapidamente,  cominciando a scorrazzare e facendo danni dappertutto:  dopo aver tentato inutilmente di catturarlo, i diavoli pregarono  il santo di scendere all’inferno per riprendersi la bestiola. E l’eremita, che non aspettava altro, si scese nel regno dei dannati con il suo inseparabile bastone a forma di Tau. Durante il viaggio di risalita  con il maialino fece prendere fuoco alla estremità del bastone e, giunto sulla terra,  offrì il  primo  e tanto sospirato fuoco all’umanità infreddolita. E perciò d’allora il vecchio santo della lunga barba bianca viene raffigurato con il suo bastone, una fiammella  in mano e un bel porcellino ai piedi. Il culto in Spixana, oltre al valore storico,  assume un valore antropologico, religioso e culturale. Don Vincenzo Longo ci riferisce che l’Arciprete primicerio un tempo si firmava anche Abbas Sancti Antonii. Non è, dunque, una cosa da sottovalutare.

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