Storia di Santa Lucia, la tradizione del grano cotto a Spezzano Albanese e dintorni.

Di Cesare De Rosis

santa luciaA Spezzano Albanese il culto di Santa Lucia è molto sentito. Nella Chiesa Matrice dei Santi Pietro e Paolo è, infatti conservata una bellissima effige che rende giustizia alla proverbiale bellezza della Santa. Propongo in questa sede una esaustiva scheda biografica di Santa Lucia rintracciata di recente e che inserisco integralmente.
“Lucia nasce a Siracusa sul finire del III secolo, in un periodo compreso fra il 280 e il 290 d.C. (probabilmente nell’anno 284/285). La sua famiglia nobile e molto ricca è tra le più importanti della città. La madre si chiama Eutichia (in greco, Fortunata). Del padre non si hanno notizie certe.
L’infanzia di Lucia è particolarmente felice sia per la sua fede in Cristo sia  per i notevoli mezzi economici della famiglia. Purtroppo all’età di 5-9 anni rimane orfana del padre e questo evento obbliga Eutichia a provvedere da sola alla sua educazione. Intanto Lucia e la madre sono costrette, per sfuggire alle persecuzioni,  a professare di nascosto la religione cristiana.Lucia,  ancora ragazzina, sebbene non manifesti alcun interesse per il matrimonio, è promessa in sposa dalla madre ad un giovane patrizio.
La serenità della famiglia però è turbata dall’aggravarsi delle continue emorragie di cui soffre Eutichia, per la quale i medici non nutrono speranze di sopravvivenza.
Lucia convince la madre a recarsi in pellegrinaggio a Catania presso la tomba di S. Agata,  in occasione dell’anniversario del suo martirio (secondo la tradizione il 5 febbraio) per chiedere la grazia della guarigione. Giunte a Catania, durante la celebrazione della messa Lucia e la madre sono colpite dalle parole del brano del Vangelo che racconta dell’emoroissa che aveva ricevuto il dono della guarigione toccando il lembo della veste di Gesù. Dopo la messa, Lucia, mentre prega sul sepolcro, si  addormenta e in sogno le appare S. Agata che  le promette la guarigione della madre e le anticipa che diventerà santa.
Appena sveglia, Lucia si accorge dell’avvenuto miracolo:  la promessa della Santa si è avverata. La giovane, che già da tempo aveva deciso di consacrarsi a Dio, sostenuta dalla forza dalle parole pronunciate da S. Agata torna a Siracusa e comunica alla madre la volontà di non sposarsi  e di aiutare i poveri e i bisognosi della città donando tutte le loro ricchezze. La madre tenta di dissuaderla, ma alla fine ne accetta la volontà e la aiuta nella realizzazione dei suoi progetti.
La notizia che le due donne vendono i loro averi per distribuirne il ricavato ai poveri si diffonde rapidamente e arriva all’orecchio del pretendente di Lucia, il quale chiede spiegazioni ad Eutichia. La donna lo rassicura, dicendogli che la vendita sarebbe servita per un buon investimento. Tranquillizzato, il ragazzo torna a casa, ma quando viene a saper che Lucia è cristiana, preso dall’ira, la denuncia all’arconte di Siracusa (Pascasio) che subito la fa arrestare.
Durante il processo, Pascasio cerca di convincere Lucia a rinnegare la sua fede e a compiere sacrifici in onore degli dei romani, lei però non cede. Alterato dalle sue risposte, ordina che sia portata in un “luogo infame, dove sarai costretta al disonore” (postribolo), ma quando i soldati tentano di spostarla, Lucia miracolosamente diventa irremovibile.
Pascasio pensa che Lucia sia una strega per questo ordina che sia cosparsa di urina (era antica credenza che l’urina avesse la capacità di annullare magie e sortilegi) e di riprovare a muoverla usando dei buoi. Ma gli animali non riescono a spostarla.
L’arconte, infastidito, ordina che venga bruciata. Cosparsa di pece e olio, il corpo di Lucia viene avvolto dalle fiamme, ma non brucia.
Pascasio, ormai fuori di sé ed in preda alla confusione, vedendo che Lucia, nonostante il fuoco avvolga il suo corpo, sorride e mantiene la calma, ordina ad un soldato di ucciderla con la spada. Il soldato dapprima esita, poi esegue l’ordine e la decapita.
Vi sono due versioni circa le modalità dell’uccisione di Santa Lucia. Secondo il martyrion greco, il più antico scritto, Lucia fu decapitata  con un colpo di spada (fine riservata ai nobili); secondo la passio latina invece, Lucia fu trafitta alla gola. La prima versione appare la più credibile perché lo scheletro della  Santa presenta la testa staccata dal corpo. È infondata invece la leggenda che a Lucia furono cavati gli occhi per ordine di Pascasio, o che l’abbia fatto ella stessa per mandarli al suo pretendente, perché non risulta in nessun atto del martirio.
Il 13 dicembre del 304, Lucia muore da martire e il suo nome e quello di Siracusa diventano famosi in tutto il mondo”. Secondo alcuni studiosi di Storia della Chiesa è valida la versione della Passio latina.
La devozione popolare verso un santo da origine anche a tradizioni peculiari legati alla tavole. Per santa Lucia, a Spezzano Albanese, veniva cotto il grano ed arricchito di aromi, insomma il cosiddetto “frumento di Santa Lucia”. Tuttora qualcuno continua a mantenere viva questa usanza.  Il mio ricordo è legato alla “pignata” piena di grano e miele che alcuni anziani facevano. Ma vediamo brevemente più nel dettaglio questo peculiare aspetto antropologico e interessante per la storia della tradizione popolare calabrese.  Santa Lucia da Siracusa è stata una santa romana, venerata dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa. Anche questa festività è molto sentita in Calabria e come accade in altre parti d’ Italia, la vigilia del 13 Dicembre è caratterizzata da una cena che si svolge senza l’uso di cibi particolarmente ricchi e che danno vita ad un mini-cenone. In particolare a Corigliano Calabro si prepara il menù con “trìdici cosi“: tredici varietà di frutta, fra le quali non dovevano mancare lupini, corbezzoli e mirtilli. Per l’occasione si beveva il vino nuovo. A Bisignano, così come ad Acri e in altri paesi della Valle Crati, si ripeteva un rito di origine pagana: Si propiziava la feracità delle messi con un piatto a base di grano farro, detto “coccìa”, che, in parte, veniva distribuito tra i vicini di casa ed i poveri.
La leggenda vuole che i Siracusani nel 1646, nel corso di una tremenda carestia che li stava decimando, nel giorno di Santa Lucia, videro arrivare in porto una nave piena di grano, che fu immediatamente distribuito alla popolazione. Era tanta la fame che tormentava la città che il popolo non perdette tempo a macinare il grano per confezionare pane e pasta, ma bollì il cereale e lo mangiò così come usciva dalla pentola. Negli anni successivi si iniziò a festeggiare questo insperato salvataggio consumando il 13 dicembre un piatto di grano cotto. Approfondendo la ricerca ho notato un legame di questa tradizione con la Santa.
Santa Lucia, portatrice di luce nel buio, con il grano ha vinto la carestia che attanagliava le popolazioni che a lei si affidarono. Così raccontano la storia gli anziani vicino al camino, con una luce tenue donata dalle fiamme del fuoco che rende ancora più suggestivo il racconto. La leggenda vuole che nel corso di una tremenda carestia che stava decimando la popolazione nel giorno di Santa Lucia, 13 dicembre, di un non lontano luogo e non precisato anno, si vide arrivare nel porto una nave piena di grano che fu distribuito alla gente. Era tanta la fame che tormentava la città che il popolo non perse tempo a macinare il grano per preparare il pane, ma bolliva e mangiava il grano con una fame spaventosa, e nel momento in cui esso diventava bello cotto i cucinieri al grido di “cucìa”, “cucìa”, è cotto, è cotto, richiamavano le persone vicino ai grandi pentoloni da cui il grano veniva distribuito. Nacque così la “cucìa”che significa appunto grano cotto, cucinato.
Negli anni che seguirono, questo salvataggio alimentare divenne una ricorrenza. E si passò a festeggiare il 13 dicembre consumando un piatto di grano cotto. Si iniziò a condire il grano con il miele, poi con il vino cotto, con l’aggiunta della ricotta, i canditi e il cioccolato, diventando sempre di più un piatto prelibato e buono da gustare. Così, tanto per non perdere la tradizione, il piatto si contamina con i nuovi prodotti e accostamenti, si evolve, si addolcisce mescolando il grano cotto alla crema di ricotta e si aggiunge una vocale in più, forse per distinguerla da dove era partita: dalla carestia, dalla fame, come se si volesse aggiungere qualcosa per esorcizzare l’origine della pietanza.

4 risposte a “Storia di Santa Lucia, la tradizione del grano cotto a Spezzano Albanese e dintorni.

  1. caro CESARE bravo , complimenti e grazie x queste notizie

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  2. Giovanni Avallone

    Dal contenuto elevato e dallo stile semplice e lineare si evince il fine divulgativo dell’articolo del dott. Cesare De Rosis, che da appassionato e navigato giornalista, fedele ai valori della tradizione cattolica, elargisce all’utente del “Giornale Interattivo di San Sosti e dintorni” le sue personali conoscenze, che arricchiscono il bagaglio di colui il quale reputa essere cultura la “curiosità di sapere”.

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  3. anche a nova siri paese al confine con la calabria s i usa cuocereil grano il giorno prima di Santa Sucia la notte del 12 si lascia fuori dalla finestra perchè la santa ci mette il suo piede com e a benedirlo, il giorno 13 si mangia con il miele o con vino cotto.Rosangela

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  4. Francesco Marchianò

    Ottimo breve saggio! Non dimentichiamo che la Calabria intera, dal VI sec fino all’arrivo e stanziamento dei Normanninel 1044, professava la fede ortodossa. Il monte Mula, un rilievo elevato, era luogo di eremitaggio di molti asceti come il famoso san Leoluca. Il cuore dell’ortodossia bizantina pulsava in queste contrade e le tracce si possono cogliere nella toponomastica, nei reperti artistici e nelle tradizioni che le popolazioni calabre custodiscono tuttora gelosamente!!

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