Di Antonio Vigna
Ai giorni nostri, parole come “timore”, fondamentali per stimolare correttezza e serietà, sono purtroppo uscite dal vocabolario della lingua parlata, rimosse da menti superficiali e sciatte. Sempre più spesso crediamo di essere onnipotenti e unica fonte di verità, con troppa presunzione anteponiamo le nostre idee a quelle degli altri e con arroganza sfuggiamo il confronto. Per smania di grandezza arriviamo a fare affermazioni infondate, denigratorie che spesso oltrepassano ogni decoro ed ancor peggio i limiti della legalità. Sul lavoro dimentichiamo di rappresentare un pubblico ufficio, ignoriamo regole deontologiche, anteponiamo agli interessi pubblici sempre più fatiscenti e allo sbando quelli privati, restiamo vittime delle tensioni che si creano ed anche la più piccola parola detta male, il più veniale atteggiamento ambiguo, rischiano di trasformarsi nel più classico e grave frainteso destabilizzando l’equilibrio dell’ambiente. Viviamo un momento storico dove non si è solo smarrita la strada maestra ma questa non si è mai trovata, né si sa dove sia. In una così delicata fase, non si può più aspettare che siano altri ad intervenire per risolvere i problemi, ognuno di noi deve essere pronto a scendere in campo, inventarsi qualcosa di geniale che possa in qualche modo spezzare questa spirale negativa. Nel mezzo di tanto marasma generale dove l’unica regola è la disorganizzazione, diventa vitale fare ordine dentro noi stessi, provare a farlo venir fuori cercando di contagiare i tanti animi assopiti e sfiduciati dalla rassegnazione. Diventa troppo banale scaricare comodamente tutte le colpe sull’operato altrui, usando giustamente o ingiustamente atteggiamenti critici verso politici di turno o responsabili di lavoro, con l’unico scopo di crearci un alibi per sguazzarci dentro, senza proporci con idee costruttive che possano contribuire ad innescare qualcosa di propositivo. Passivamente e con inerzia assistiamo ad ogni sorta di andazzo fino a sprofondare nel giudizio “luogo comune” di impotenza. Mentre pesanti problematiche ci affliggono e ci imbrigliano con pesanti reti, come pesci siamo solo in grado di reagire saltellando, intrappolati ed incapaci di trovare una via d’uscita. Immaginiamo per un istante di fermare i nostri convulsi movimenti, di riflettere su quello che per noi potrebbe essere un modello organizzativo ideale e senza considerarlo un’utopia crediamoci con tutte le nostre forze. Iniziamo da questo momento la desiderata trasformazione senza lasciarci intimidire da niente e da nessuno. Armiamoci di quanto coraggio occorre per portare avanti questo bellissimo progetto che abbiamo creato dentro di noi e facciamolo diventare il fulcro di partenza di tutto quello a cui d’ora in poi ci ispireremo. Restiamo sempre elastici ed aperti ad eventuali modifiche dettate da successive esigenze, guidati dal nostro fiuto che svilupperemo dalle sensazioni ricevute dopo ogni nostra azione, prendendo come giusta e degna di essere ripetuta quella che ci regalerà emozioni forti e positive, che ci farà piangere di gioia, accapponare la pelle e commuovere. Nello stesso istante spogliamoci di ogni sorta di convinzione radicata che appesantisce il nostro comportamento e predisponiamoci al cambiamento. D’ora in avanti ispiriamoci al nostro originale credo, che ogni nostra azione debba avere valenza di esempio e non d’imposizione, nel pieno rispetto dell’altra persona e della correttezza del vivere civile, demandando alle istituzioni il resto. Partendo da questi valori inconfutabili, iniziamo una sorta di battaglia senza spargimento di sangue volta solo ad educare e plasmare le coscienze. Solo quando saremo riusciti ad interpretare tutto questo, potremo veramente essere certi di aver fatto la nostra parte, di aver dato al mondo un vero ed incisivo contributo al di fuori di ogni atteggiamento scontato e di ogni logica logora ed asfittica.